L’ultima tornata elettorale di amministrative ripropone un tema che oramai da tempo caratterizza l’esito di tante campagne elettorali le cui ricadute si manifestano quasi in tutto il Paese. Dalla introduzione della elezione diretta dei sindaci, infatti, si è potuto constatare che, in linea di massima, la qualità delle candidature, a volte, fa la differenza a prescindere anche dai rapporti di forza delle coalizioni che le esprimono.
Questo comporta che i partiti, che ormai difficilmente ci mettono la faccia, sono alla ricerca di candidati che possono portare un valore aggiunto allo schieramento che li sostiene grazie al loro prestigio personale.
Talvolta, tuttavia, può capitare che non sempre i candidati buoni per vincere le elezioni sono poi in grado di sapere governare la città, anche perché, pur avendo in dote qualità eccezionali, stentano a prendere confidenza con i meccanismi che presidiano le logiche burocratiche piuttosto che le dinamiche politiche che precedono i momenti gestionali.
Vi è ancora un’altra fattispecie e riguarda l’ostruzionismo che recuperano certi sindaci solo per il fatto che vorrebbero aiutare la città, alla cui guida sono stati chiamati, ma non vengono messi nelle condizioni di potere operare come vorrebbero perché il loro profilo etico e il loro senso di rispetto per le istituzioni e le regole non viene molto apprezzato e condiviso da chi dovrebbe garantire sostegno e solidarietà nell’interesse del bene comune.
La verità è che il mestiere di sindaco è diventato uno dei più difficili anche perché spesso il primo cittadino viene lasciato solo da chi dovrebbe rappresentare gli interessi del territorio in quanto chiamato a responsabilità politiche ad altri e più alti livelli.