Giovedì 30 settembre 2021, ore 17.00, Palermo, Villino Florio, per la Settimana delle Culture, presentazione di Un altro tempo, di Giovanna Rosadini (IP-internopoesia edizioni) con Franca Alaimo, Aldo Gerbino, Niccolò Nisivoccia, postfatore del libro, e Nicola Macaione, di Spazio Cultura Edizioni.
Volevo prendere la via del mare. Poi il solito traffico attorno al Massimo. Direzioni obbligate. Medito, mantenendo il respiro nel ritmo della pacatezza. Ne approfitto per stare con me senza l’ansia di un obiettivo da raggiungere. In realtà è tutto premeditato. Posteggio accanto un segnale di divieto d’accesso. Una inferriata sull’altro marciapiede. Via Regina Margherita. Una piccola storia liberty negli occhi, Villino Florio. lo so, lo so, scorro Oltre il tempo delle cose ordinarie. Una saletta, mascherine, gel, temperatura. Green pass, COVID-prassi. Ciao, volti nascosti. Stiamo tutti quanti sviluppando questa nuova capacità di riconoscerci dallo sguardo. L’essenza di un incontro. Le storie cominciano a intersecarsi, illuminano il tramonto e sbocciano inconsapevoli dentro una platea attenta, rinvigorita dall’opportunità di uno scambio. Si affacciano all’orizzonte disperso delle nostre esperienze, mostrando l’aldilà come cambiamento. La malattia come cambiamento – lo dice sempre il mio Altro Me, medicartista. Qualcosa mi sfugge dalla bocca quasi epifanica, riconoscente. Si, vedere ciò che le parole non dicono. E poi, quasi in privato, parafrasando Blade Runner: “Io ho visto cose che le vostre parole non dicono”. Sia nel senso di non riuscire a dire, sia nel senso di non voler dire. Tutto ciò esprime il senso della profonda diversità, nascosta, dentro ognuno di noi, in una conformità inebetente, da scoprire, non per spiegare, ma per imparare a stare in quel Mistero insondabile di “non sapere ancora / quale sarà l’esito di questa cura, / quanto di noi avremo ritrovato”. È sempre un altro tempo che ci riporta indietro, un altro tempo da un altrove non voluto, non cercato, almeno consapevolmente, dentro il caso di un incidente all’apparenza involontario, gratuito, di negligenze. Il coma. E dentro il coma, una dimensione parallela, il vissuto della realtà circostante come di sogno, tutto trasfigurato, in una percezione completamente “diversa” e paradossalmente nuova del proprio stare al mondo: “Ma i colori sono così vividi e pieni, e le acque di questo fiume così intrise di luce e accoglienti … Qualcuno mi incide la gola, un rumore di risucchio mi gela il sangue, mi vedo da fuori ma ho la testa pesante e non riesco ad aprire gli occhi, sto parlando ma non mi sente nessuno, e non riesco a capire dove sono”. E poi il ritorno, da questo tempo altro, con una corporeità ridotta quasi dimezzata: “Cosa è successo al mio corpo?”, eppure incredibilmente più efficace nel comunicarsi, dentro un limite che si fa risorsa grande, insegnamento, per sé, per gli altri, una nuova luce negli occhi, il riappropriarsi delle competenze perdute, menomate nel movimento fisico: “Di camminare per il momento non se ne parla, ed io non chiedo, mi basta il ricordo angosciante del tentativo già fatto”, ma amplificate nel coraggio di testimoniarsi, di testimoniare. La definiamo poetessa, Giovanna Rosadini, per quanto ogni definizione, dopo l’esperienza del coma, risulti in sé comunque riduttiva. “Il tempo si è contratto in una nuvola opaca, esiste solo lo spazio illimitato della mente”. L’ho scoperta così, sentendola parlare con una lentezza dolce, carica di contenuti e grata di essere qui, a raccontare i suoi eventi – è sempre, ogni evento, causa misteriosa e remota degli accadimenti umani, “Al mondo e all’esistenza dei diminuiti e depotenziati, dei diseredati della pienezza eintegrità del proprio corpo e delle proprie facoltà – sono stata una di voi, ho provato questo senso di sfaldamento esistenziale e diminuzione, so cosa vuol dire, ritrovarsi prigionieri di un corpo che non risponde e non si riesce più a governare, e so, sì, che l’accettazione consapevole di tutto ciò è la più alta forma di eroismo che possa esistere”.