I pubblici ministeri della Dda di Palermo, Claudio Camilleri, Giorgia Righi e Luisa Bettiol, hanno fatto notificare l’avviso di conclusione delle indagini preliminari ai 54 indagati dell’inchiesta sulle famiglie mafiose di Agrigento/Villaseta e Porto Empedocle. Contestati i reati di associazione a delinquere di tipo mafioso, traffico di droga, rapine, danneggiamenti ed estorsioni. L’operazione dei carabinieri del Comando provinciale di Agrigento, guidati dal colonnello Nicola De Tullio e dal suo vice il tenente colonnello Vincenzo Bulla, scattata in due fasi, fra il dicembre e gennaio scorsi, ha portato all’arresto di 51 soggetti. Alcuni giorni dopo il primo blitz, i carabinieri sono riusciti a sequestrate una parte del denaro della cosca di Villaseta ma soprattutto un pericoloso arsenale custodito da un insospettabile netturbino: pistole, una granata e un fucile mitragliatrice. Nella lista degli indagati, nei cui confronti si profila la richiesta di rinvio a giudizio, ci sono tre persone in più.
Gli indagati sono: Domenico Blando, 68 anni, di Favara; Michele Bongiorno, 35 anni, di Favara; Pietro Capraro, 39 anni, di Agrigento; Ignazio Carapezza, 34 anni, di Porto Empedocle; Carmelo Corbo, 47 anni, di Canicattì; Samuel Pio Donzì, 26 anni, di Agrigento; Carmelo Fallea, 50 anni, di Favara; Cosimo Ferro, 36 anni, di Castelvetrano; Francesco Firenze, 40 anni, di Castelvetrano; Giuseppe Focarino, 60 anni, di Palermo; Cristian Gastoni, 32 anni, di Agrigento; Angelo Graci, 61 anni, di Castrofilippo; Alfonso Lauricella, 59 anni, di Agrigento; Gaetano Licata, 42 anni, di Agrigento; Fabrizio Messina Denaro, 50 anni, di Castelvetrano; Fabrizio Messina, 50 anni, di Porto Empedocle; Gabriele Minio, 37 anni, di Agrigento; Giorgio Orsolino, 35 anni, di Agrigento; Roberto Parla, 47 anni, di Canicattì; Vincenzo Parla, 54 anni, di Canicattì; Calogero Prinzivalli, 42 anni, di Agrigento; Angelo Tarallo, 45 anni, di Agrigento; Guido Vasile, 66 anni, di Agrigento; Nicolò Vasile, 44 anni, di Agrigento; Rocco Grillo, 33 anni, di Gela; Giuseppe Pasqualino, 34 anni, di Gela; Mirko Salvatore Rapisarda, 43 anni, di Gela.
Ed ancora: Giuseppe Sottile, 38 anni, di Agrigento; Giuseppe Aliseo, 26 anni, di Canicattì; Calogero Bellaccomo, 40 anni, di Agrigento; Alfonso Brucculeri, 59 anni, di Porto Empedocle; James Burgio, 33 anni, di Porto Empedocle; Giuseppe Casà, 29 anni, di Agrigento; Antonio Crapa, 54 anni, di Favara; Salvatore Damanti, 36 anni, di Agrigento; Valery Di Giorgio, 29 anni, di Agrigento; Stefano Fragapane, 33 anni, di Agrigento; Gioacchino Giorgio, 39 anni, di Licata; Alessandro La Cola,40 anni, di Canicattì; Massimo Lazzaro, 53 anni, di Agrigento; Calogero Morgana, 39 anni, di Agrigento; Giuseppe Nicastro, 36 anni, di Gela; Fabrizio Nicosia, 41 anni, di Gela; Giuseppe Piscopo, 49 anni, di Gela; Antonio Puma, 44 anni, di Agrigento; Stefano Rinallo, 41 anni, di Canicattì; Gerlando Romano, 26 anni, di Agrigento; Antonio Salinitro, 25 anni, di Gela; Rosario Smorta, 53 anni, di Gela; Alessandro Trupia, 36 anni, di Agrigento; Luigi Prinzivalli, 73 anni, di Agrigento; Alessandro Mandracchia, 49 anni, di Agrigento; Salvatore Bosco, 57 anni, di Favara; Salvatore Prestia, 45 anni, di Porto Empedocle.
Come è nata la maxi inchiesta antimafia. Dalle pagine dell’ordinanza emergono i dettagli dell’operazione antimafia che ha messo in ginocchio le famiglie mafiose di Agrigento/Villaseta e Porto Empedocle. La prima sarebbe stata guidata dal boss Pietro Capraro; la seconda, invece, sarebbe stata saldamente nelle mani di Fabrizio Messina, fratello del boss ergastolano Gerlandino. Le indagini nascono dal rinvenimento di due ingenti quantitativi di cocaina – tra il dicembre 2021 e il gennaio 2022 – all’interno di un banco al mercato ortofrutticolo di Villaggio Mosè. In entrambe le circostanze era stato il titolare della ditta a trovare la polvera bianca occultata all’interno di alcune cassette di frutta, mentre procedeva alla verifica di un carico di banane proveniente dal Sud America. Non ci hanno messo molto gli investigatori dell’Arma ad arrivare ad una conclusione: i commercianti con il traffico di droga non avevano nulla a che fare, ma hanno scoperto un collegamento tra un lavoratore del mercato ortofrutticolo con i membri del clan di Porto Empedocle.
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