AGRIGENTO – Il pubblico ministero Gaspare Bentivegna ha chiesto la condanna a 12 anni e 8 mesi per Domenico Avanzato, 37 anni, e a 13 anni e 4 mesi per Calogero Zarbo, 41 anni, entrambi di Palma di Montechiaro, coinvolti nell’inchiesta sulla morte di Roberto Di Falco, il 38enne rimasto ucciso il 28 febbraio scorso durante una sparatoria nel piazzale di una rivendita d’auto al Villaggio Mosè, ad Agrigento.
Il procedimento si sta celebrando con il rito abbreviato. Il processo riprenderà il 12 e il 27 giugno con le arringhe delle difese. Un terzo imputato, Angelo Di Falco, 40 anni, fratello della vittima, ha scelto il rito ordinario: l’udienza dibattimentale si aprirà il 6 giugno davanti alla Corte d’Assise del Tribunale di Agrigento.
I legali di Angelo Di Falco hanno annunciato che riproporranno la richiesta di ascoltare in aula il titolare della rivendita d’auto e i due figli, presenti sul posto al momento dei fatti. Calogero Zarbo, attualmente ai domiciliari con braccialetto elettronico, ha in parte collaborato con gli inquirenti, indicando il luogo in cui era nascosta la pistola semiautomaticaritenuta arma del delitto. Il figlio del titolare si è costituito parte civile.
Gli imputati rispondono di omicidio volontario, ma secondo la ricostruzione della Procura si sarebbe trattato di un “omicidio per errore”. Una dinamica complessa, su cui convergono però Procura, GIP e Tribunale del Riesame. Di Falco – sostiene l’accusa – sarebbe stato ucciso non intenzionalmente, durante una reazione istintiva del commerciante, aggredito con violenza dallo stesso Roberto Di Falco, dal fratello e da due amici. I quattro, partiti da Palma di Montechiaro, avrebbero organizzato una spedizione punitiva per colpire il commerciante, accusato di averli truffati con assegni scoperti.
Durante il pestaggio, il commerciante – accortosi che una pistola era stata estratta – l’avrebbe deviata con una mossa fulminea. Il colpo, in quella circostanza, avrebbe raggiunto l’addome di Roberto Di Falco, causandone la morte.
Tuttavia, il Tribunale del Riesame ha riqualificato il reato, ritenendo che il commerciante avrebbe sparato per legittima difesa e pertanto non punibile per l’omicidio. I giudici, però, hanno confermato la custodia cautelare per tutti gli imputati in relazione all’accusa di tentato omicidio nei confronti del figlio del commerciante, che Angelo Di Falco avrebbe tentato di colpire con un secondo colpo di pistola, fallito solo a causa dell’inceppamento dell’arma.
Resta inoltre l’accusa di detenzione illegale di arma da fuoco. La difesa degli imputati ha sostenuto fin dall’inizio che i quattro sarebbero andati al Villaggio Mosè per aggredire fisicamente il titolare dell’attività, come documentato dalle immagini di videosorveglianza, ma che il commerciante avrebbe estratto la pistola e fatto fuoco, uccidendo Roberto Di Falco.
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