Antonino Gaziano denuncia: Rallentamenti giudiziari ad Agrigento a causa della mancanza di tecnologia
Venerdì scorso, nella sede del Parco Archeologico di Casa Sanfilippo, nel cuore della Valle dei Templi, si è tenuto un convegno che ha gettato una luce acuta sulla questione sempre più pressante del sovraffollamento delle carceri italiane. L’evento ha visto la partecipazione di illustri relatori, tra cui il Giudice di Sorveglianza Walter Carlisi, l’Avvocato Antonino Gaziano in rappresentanza dell’Ordine degli Avvocati, e il rinomato giornalista Stefano Natoli, autore del libro “Dei Relitti e delle Pene: Giustizia, Giustizialismo, Giustiziati.”
Il cuore del dibattito è stato il grave problema del sovraffollamento carcerario in Italia. Questo argomento è stato affrontato con maestria da Walter Carlisi, il quale ha condiviso la sua vasta esperienza e conoscenza sulla questione. Antonino Gaziano, a nome dell’Ordine degli Avvocati, ha offerto un importante punto di vista legale su questa materia. Infine, Stefano Natoli, con le sue riflessioni basate sul suo coinvolgimento nel progetto di giornalismo per il reinserimento dei detenuti al carcere di Opera, ha gettato una luce cruda sulla realtà dei nostri istituti di detenzione.
Gaziano, noto avvocato penalista, ha posto l’accento su un aspetto fondamentale che contribuisce al caos nel sistema carcerario italiano: la lentezza delle procedure processuali. Spesso, questa lentezza è causata dall’assenza di investimenti adeguati in tecnologia e risorse. Ad esempio, Gaziano ha evidenziato che ad Agrigento c’è solo un’aula dotata di videoconferenza, il che comporta gravi rallentamenti delle udienze. Questo problema non solo ritarda il processo di giustizia, ma contribuisce anche al sovraffollamento carcerario, poiché i detenuti devono attendere a lungo prima che il loro caso venga trattato.
La crisi del sovraffollamento carcerario alla luce delle riflessioni di Carlisi, Gaziano e Natoli.
Natoli, giornalista di spicco e autore, ha fatto emergere un fatto che molti potrebbero preferire ignorare: le nostre carceri, invece di svolgere un ruolo rieducativo, spesso si trasformano in strumenti di tortura. Questo non è un fatto da sottovalutare, poiché i dati parlano chiaro. In un paese che ripudia la pena di morte, i detenuti continuano a perdere la vita dietro le sbarre e non solo loro si registrano suicidi anche da parte del personale in servizio. Nel 2022, il numero di suicidi in carcere è stato il più alto dal 1990. In media, si è registrato un suicidio ogni quattro giorni e mezzo, con un’incidenza 20 volte superiore rispetto alla popolazione generale.
Nel corso del 2022, ben 84 detenuti si sono tolti la vita nei penitenziari italiani. Questo dato rappresenta il numero più elevato dal 1990, l’anno in cui sono iniziate le registrazioni ufficiali. Se mettiamo questi numeri in rapporto ai circa 55.000 detenuti che compongono la popolazione carceraria, monitorata dal Ministero della Giustizia, emergono dati sconvolgenti: nel 2022, si sono verificati 15,2 suicidi ogni 10.000 detenuti. Al di fuori del carcere, nel 2019 (ultimo anno con dati disponibili), la media di suicidi in Italia è stata di 0,71 ogni 10.000 abitanti. In altre parole, i suicidi in carcere sono circa 20 volte più frequenti rispetto alla popolazione generale.
Oltre a questi numeri allarmanti, è importante notare che gli 84 detenuti che si sono suicidati nel 2022 avevano un’età media di 37,7 anni, con 22 di loro tra i 20 e i 30 anni, 31 tra i 30 e i 40 anni, 19 tra i 40 e i 50 anni e 12 di età superiore ai 50 anni.
Un’analisi condotta dal Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale ha rivelato che il 6% dei suicidi riguarda le donne, nonostante rappresentino solo il 4% della popolazione carceraria. Il 60% dei suicidi in carcere coinvolge persone di nazionalità italiana, mentre il restante 40% riguarda detenuti di nazionalità straniera, che costituiscono circa il 40% del totale dei detenuti.
Il convegno, moderato da Carola De Paoli, Presidente dell’ANDE (Associazione Nazionale Dirigenti Esecutivi degli Enti Locali), ha riunito esperti e professionisti per affrontare senza mezzi termini la questione del sovraffollamento carcerario nel nostro paese.
Tra gli altri, si è registrata la partecipazione di una delegazione dei docenti della sede carceraria dell’Ambrosini del Carcere Pasquale Di Lorenzo di Agrigento, guidati dalla Dirigente Gabriella Bruccoleri.
L’evento ha ottenuto il riconoscimento formativo dall’Ordine degli Avvocati di Agrigento, rendendolo non solo un’opportunità per i professionisti legali di arricchire la propria conoscenza, ma anche un momento cruciale per sensibilizzare l’opinione pubblica su una crisi che non possiamo più ignorare. La riforma del sistema carcerario deve diventare una priorità per il nostro paese, in modo da garantire non solo la sicurezza, ma anche il recupero e la rieducazione dei detenuti. La vita umana, anche dietro le sbarre, ha un valore inestimabile, e non possiamo permettere che il nostro sistema carcerario continui a mietere vittime. È ora di agire.
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