L’hanno definito “il generale survivor che porta in salvo gli afghani”. Dal quartier generale della Cecchignola di Roma all’inferno dell’ “Hamid Karzai Airport” di Kabul, un agrigentino ha seguito tutte le difficilissime e rischiose operazioni di evacuazione dall’afghanistan, occupandosi «di dirigere e coordinare il rientro in patria del personale diplomatico, dei connazionali e dei collaboratori afghani».
Si tratta del generale Luciano Portolano, classe 1960, uno dei due generali “4 stelle” dell’Esercito italiano. Nato e cresciuto ad Agrigento dove ha frequentato il Liceo classico Empedocle ed ha militato nella locale squadra di atletica “Libertas”, Portolano nel corso della sua lunga carriera è rimasto più volte ferito durante le varie missioni ed è considerato un “primo” dai suoi compagni di corso e da tutti i soldati che l’hanno avuto come Comandante. Il generale ha appena concluso con i suoi uomini l’operazione “Aquila 1” che gli ha fatto letteralmente perdere la cognizione del tempo. Lui infatti è a capo del Comando operativo di vertice interforze (Covi) responsabile tra l’altro del coordinamento dei nostri C130 che da Roma atterravano a Kabul, in continuazione e senza orari, per portare fuori più gente possibile dall’Afganistan. Aerei che potevano sostare anche ore, sotto tiro, presso l’aeroporto di Kabul, prima di completare un imbarco di difficilissima e spesso dolorosa selezione. Il generale Portolano ha seguito in prima persona non solo l’evacuazione dei connazionali e dei collaboratori afgani ma anche tutte le operazioni di prima sistemazione dei rifugiati accolti nel nostro Paese. Da qualche anno il militare, lasciati fisicamente gli avamposti nel deserto o i campi di battaglia, continua ad operare in prima linea. In queste lunghe settimane ha sovrinteso alle manovre sul campo, dando direttive alle forze speciali su come prelevare e imbarcare persone da salvare, su come gestire a i voli del ponte aereo tra Kabul, Kuwait e Fiumicino. Ed è a lui che hanno fatto riferimento anche i tanti funzionari della Difesa addetti a ricevere e a controllare i documenti dei collaboratori afghani messi in lista: tutta gente che spesso è stata rintracciata telefonicamente, o recuperata all’ultimo momento, chissà come, in giro per l’Afghanistan.
Portolano in passato aveva fatto tenere col fiato sospeso molti agrigentini. In particolare nel giugno del 1999, quando lungo una strada verso Klina, mentre era in avanscoperta su un blindato nella regione occidentale del Kosovo, saltò in aria su una mina anticarro. Il blindato che viaggiava davanti al suo, nel vedere l’esplosione e quel cratere aperto, aveva proseguito credendo che ormai per il resto della truppa non ci fosse più nulla da fare. E invece Portolano, con tre suoi colleghi della Brigata Garibaldi, riuscì a salvarsi e a raggiungere l’ospedale da campo di Pec per farsi suturare una ferita alla schiena. Questo fu solo il primo di una serie di “incidenti” che misero a dura prova il coraggio del generale. Le sue precedenti esperienze in Afghanistan, oltre alla sua conoscenza profonda di alcuni capi di gruppi pashtun, (maturata per aver guidato il Comando regionale occidentale con
centro a Herat) e la sua confidenza diretta con molti dei vertici dell’esercito Usa impegnati a Kabul, hanno aiutato parecchio Portolano nel portare a termine il difficile compito.
In questi giorni il cellulare personale del generale è rimasto spento, attivato solamente in alcuni momenti della giornata per parlare con la moglie ad Agrigento e i figli, un maschio e una femmina, che vivono al Nord.
Secondo i bene informati, sembra che il generale agrigentino sia molto accreditato dai vertici a ricoprire l’incarico di Capo dello Stato Maggiore dell’Esercito. Insomma; davvero un generale che fa sentire orgogliosi tutti gli agrigentini!
LORENZO ROSSO