Avvertiva il poeta Guido Ceronetti che “gli alberi di città conducono una vita grama” riferendosi soprattutto alla proliferazione cancerosa degli spazi urbani “dove l’albero rantola semiasfissiato dai gas”. A Ceronetti faceva eco il nostro Luigi Pirandello, che paragonava questi alberi di città a dei carcerati: “Il breve cerchio che il lastrico della via lascia attorno al tronco – scriveva – è tutta la loro campagna”.
Se potessero, scapperebbero via, questi poveri alberi cittadini, prigionieri senza colpa di una città che li ama troppo poco; basti vedere in quale maniera “spregiudicata” troppo spesso vengono capitozzati o maltrattati. Un esempio per tutti il pinus strobus che cresce maestoso nel giardino di Porta di Ponte di fronte la biblioteca comunale; un esemplare magnifico che rischia di essere strangolato da fil di ferro che cinge la sua corteccia ormai da decenni. Comunque sia, gli alberi sono sempre lì, fermi, un po’ come delle pietre, a prendere tutto quello che viene. Eppure anche gli alberi raccontano la storia di questa città. Quanto avrebbe da dire il vecchio ficus di Bonamorone sotto il quale si narra trovarono frescura le truppe del generale Garibaldi oppure le Jacarande del Viale della Vittoria, fatte arrivare ad Agrigento dall’Africa, grazie all’interessamento del mecenate Alexander Hardcastle che ne fece piantare a decine tra la Valle dei templi e la città. Come si può rimanere indifferenti di fronte alla maestosità di quel cedro del Libano che spicca su tutti gli altri alberi, sotto la via Crispi. Quest’ultimo si racconta che sia stato donato alla città dal Re nell’Ottocento, durante una sua visita ufficiale e piantato in suo onore in quello spazio dove oggi sorge la “Villa del Sole”. E che dire dei due altissimi cedri che si ergono solitari, poco distanti, quasi a fianco dell’edificio della Banca d’Italia? Forse, con la palma di Porta di Ponte e gli altri alberi secolari che costituivano il polmone verde di Villa Garibaldi, questi cedri sono tra le piante più longeve della città dei templi. Gli alberi sono le colonne del mondo – dice un vecchio adagio dei nativi d’America. – Quando gli ultimi alberi saranno stati tagliati, il cielo cadrà sopra le nostre teste!”
LORENZO ROSSO