Un manifesto funebre, affisso accanto alla Valle dei Templi, sta facendo discutere. A firmarlo sono Antonella e Armida De Miro, figlie del prof. Ernesto De Miro, figura centrale per l’archeologia siciliana e protagonista assoluto secondo gli intellettuali della tutela e valorizzazione del sito agrigentino. Un intellettuale che, con il suo lavoro, ha contribuito in maniera decisiva all’inserimento della Valle tra i beni patrimonio dell’Umanità riconosciuti dall’UNESCO.
Nel manifesto, le figlie ringraziano quanti hanno espresso vicinanza e affetto. Ma non manca una nota polemica: viene infatti sottolineata l’assenza di un pubblico cordoglio da parte dell’amministrazione comunale, nella persona del Sindaco. Una mancanza definita “motivo di turbamento”, soprattutto considerando il legame profondo che De Miro aveva con Agrigento e la sua instancabile attività a difesa dei valori storici e paesaggistici della città.
Il riferimento ha innescato un dibattito cittadino. C’è chi condivide l’amarezza della famiglia, parlando di “gnomìnia”, termine siciliano che indica un’azione disonorevole accompagnata dal disprezzo. Altri, invece, invitano a contestualizzare: in una città alle prese con emergenze quotidiane — dalla gestione dei rifiuti al dissesto urbano, passando per i ritardi infrastrutturali —, il cordoglio istituzionale diventa un tema sì simbolico, ma forse non prioritario.
Resta il fatto che un gesto di rispetto formale, in occasioni come queste, non costa molto. E se è vero che la cultura non si misura solo con le cerimonie, è altrettanto vero che il riconoscimento del merito — specie quando si parla di figure che per molti hanno fatto la storia della città — non dovrebbe mai mancare. Soprattutto in una Capitale italiana della Cultura.
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