A volte basta una ferita per imparare a guardare meglio la vita
La priorità delle nostre sofferenze segue sempre una scala. Spesso ci deprimiamo per qualcosa che, prima o poi, ci apparirà piccolissimo rispetto a ciò che potrebbe accaderci in futuro. Ci focalizziamo su questioni superabili, che nulla sono di fronte alla priorità delle priorità: la salute.
Così come è vero che, per lasciarsi, per chiudere una relazione, bisogna essere in due: non ci si lascia mai per volontà di uno solo. Serve anche la forza e il coraggio di notare ciò che di buono ci sta intorno. Le persone migliori, quelle che potrebbero arricchire la nostra vita, ci passano accanto e le lasciamo andare, perché siamo fissati su ciò che ci fa stare male e ci tormenta.
“Tre ciotole”, il film di Isabel Coixet, in programmazione al Multisala Ciak di Agrigento, è tutto questo.
Un’opera intensa e misurata, capace di trasformare il dolore in poesia visiva. Con delicatezza e profondità, racconta la fragilità dei legami e la forza silenziosa con cui si impara a convivere con le proprie ferite.
Tratto dal romanzo intimo e raffinato di Michela Murgia, il film intreccia dolore e rinascita con una scrittura che scava dentro, servendo emozioni autentiche in piccole porzioni di vita — come gesti quotidiani che diventano cura.
E che dire del cast: Alba Rohrwacher interpreta Marta, Elio Germano è Antonio, Silvia D’Amico veste i panni della sorella di Marta e Galatéa Bellugi completa il quadro con una presenza intensa. Magistrale la regia di Isabel Coixet, che dipinge una Roma insolita, europea ma italianissima, lontana dagli stereotipi, e capace di accogliere con pudore e bellezza le emozioni dei protagonisti.
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