Sul cambiamento dei tempi, che messaggio pastoralmente innovativo da Agrigento. Un messaggio che riguarda la pastorale familiare. Un messaggio che non 1000 anni fa, ma solo pochi decenni fa, sarebbe stato impensabile. Ci riferiamo al matrimonio civile, di qualche giorno fa, tra Dario Broccio e Marilisa Della Monica, nella Valle dei Templi, alla presenza dell’arcivescovo-metropolita di Agrigento, S.E. Mons. Alessandro Damiano, presente tra gli invitati. Perché sicuramente a non pochi – (e non solo ad Agrigento!) – il pensiero è andato all’episodio che si è verificato a Prato nel 1958, quando l’Italia risultò nettamente divisa in due fronti, “l’un contro l’altro armato”. Era successo che Mauro Bellandi e Loriana Nunziati, si erano sposati solo in Comune con il rito civile, invece che in chiesa. Il vescovo di Prato del tempo, S.E. Mons. Pietro Fiordelli. in un’omelìa definisce i coniugi Bellandi – Nunziati, “pubblici peccatori e concubini”, volendo chiaramente sottolineare che il matrimonio civile non aveva davanti a Dio ed alla Chiesa, nessun valore. Facile pensare quello che successe nello scontro tra cultura laica e cultura che oggi ci viene da definire vetero-cattolica; specie quando la Magistratura italiana condannò il Vescovo Fiordelli per quelle espressioni “ingiuriose” e assolutamente irrispettose della legge civile. In quella condanna, si immaginò condannata tutta la Chiesa ! e dovunque si svolsero liturgie e processioni penitenziali. Così come ad Agrigento, a cui chi scrive ricorda di aver partecipato, quando allora c’era vescovo Mons. Peruzzo. I tempi erano quelli e si deve pure dire che, allora, da Roma fu impartito l’ordine, a tutte le Nunziature Apostoliche Occidentali di organizzare manifestazioni di solidarietà in favore vescovo di Prato. Non solo ! dal cardinale di Bologna Giacomo Lercaro, allora catalogato tra i progressisti, venne ordinato a tutte le parrocchie della diocesi di tenere per un mese i portali delle chiese con parati a lutto e suonare le campane a morto ogni giorno per cinque minuti.
Adesso siamo davvero in un’altra era. E dopo la “Familiaris consortio” di Giovanni Paolo II, abbiamo avuto dopo un Sinodo apposito, che ha prodotto l’ Esortazione Apostolica “Amoris laetitia”, in cui vengono riconosciuti gli elementi positivi che ci sono anche in forme matrimoniali non solo di altre tradizioni religiose. Inoltre c’è la chiara direttiva pastorale di volere accompagnare, con saggezza e prudenza, anche le unioni di fatto se c’è “stabilità”. Poi, per quanto riguarda le situazioni difficili, complesse e “irregolari” delle famiglie, l’indicazione pastorale è quella della “gradualità”, così come già era stata indicato da Giovanni Paolo II nella “Familiaris Consortio”. A cui Papa Francesco nell’“Amoris Laetitia”, ha aggiunto la “legge della gradualità” che si basa sul fatto che l’essere umano “conosce, ama e realizza il bene morale secondo tappe di crescita”.
Basta solo questo, per affermare che, a nostro giudizio, da Agrigento, con la presenza dell’arcivescovo Damiano ad un matrimonio civile, parte una spinta forte ad attuare la misericordia, secondo le indicazioni papali nell’Amoris laetitia. E ciò, senza sacrificare affatto la verità, ma solo per realizzare il bene morale, tenendo conto, con saggezza pastorale, della situazione di concreta fragilità, che esige semper graduali di tappe di crescita, umana e spirituale.
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