Si sta riposando dalle fatiche letterarie Simonetta Agnello Hornby, la scrittrice siciliana trapiantata a Londra, conosciuta autrice di libri che sono stati best seller e hanno venduto in Italia più di un milione di copie.
Giornate vacanziere ad Agrigento, ospite in quella tenuta dove da cinque generazioni la famiglia materna della scrittrice trascorre il periodo estivo. Un luogo incantato nella campagna agrigentina, a pochi chilometri dalla Valle dei Templi, dove, su una collina, sorge la masseria ottocentesca che tanti lettori hanno conosciuto attraverso i libri “Il pranzo di Mosè”, “Un filo d’olio” e “La cucina del buongusto”. Simonetta Agnello in questi caldi pomeriggi si dedica alle attività manuali che ama maggiormente: la cucina, il ricamo e il rammendo. Ad Ottobre uscirà con Feltrinelli, il nuovo romanzo “Punto pieno” che dovrebbe concludere la trilogia iniziata con “Caffè amaro”. Tre libri con sempre sullo sfondo la Sicilia che vengono uno dietro l’altro.
“Con quest’ultimo, arrivo cronologicamente al 1992 – spiega Simonetta – storicamente fino all’omicidio del giudice Giovanni Falcone che ha segnato la vita dei siciliani”.
Il “dovrebbe” di qualche riga sopra, è d’obbligo in quanto non è escluso che la scrittrice stia già pensando alla prosecuzione della “serie” con un quarto romanzo. In attesa di tornare alla sua attività di autrice, alle presentazioni dei libri e alle partecipazioni ai Festival, la Agnello cuce, e si gode la sua Sicilia.
“Ho imparato a cucire da bambina, quando abitavamo in via Atenea e veniva a casa nostra la signorina Melina Fresco, una giovane sarta da cui ho imparato l’arte del cucito. A farmi apprezzare il ricamo, invece, è stata mia madre”. E giù a ricordare gli anni Cinquanta e le passeggiate pomeridiane con Giuliana, la bambinaia ungherese, nella Valle dei Templi. “Allora c’erano pochi turisti. Quante volte mi sono arrampicata sul gigante Telamone per camminarci sopra! In quegli anni non c’erano divieti e i templi, soprattutto quello delle “tre colonne” li ritenevo spazi dove poter giocare in assoluta libertà”.
“Le nostre passeggiate – continua nei ricordi la scrittrice – erano interrotte saltuariamente da turisti tedeschi che si mettevano a parlare con Giuliana e alla fine chiedevano di potermi fotografare. Pensavo: che uso faranno della mia fotografia? Tutto questo mi dava molto fastidio, ma obbedivo alla amatissima Giuliana”.
Ricordi di un’epoca in cui la Kolimbetra non era ancora il giardino curato e visitato come oggi ma che da quella vallata, grazie alle vegetazione, saliva sin da allora una frescura così piacevole che l’autrice la ricorda ancora oggi.
Dalla caotica vita londinese alla pace della campagna agrigentina.
“La Sicilia è la mia patria – continua Simonetta. – Mio padre era uno sfegatato siciliano. Lui mi incoraggiava a lavorare e a non sposarmi perché era convinto che la nostra classe dovesse estinguersi”. Invece Simonetta Agnello, fresca sposa ventunenne, segue il marito inglese in Africa e lavora presso un avvocato a Lusaka nello Zambia. Lì, conosce la principessa Nakatindi da cui impara cosa significa la parola “poliandria”, che altro non è che la poligamia al femminile. La Nakatindi, principessa zambiana e membro della famiglia reale del Barotseland aveva tre mariti. Proprio della sua esperienza in Africa, Simonetta parlerà prossimamente durante un incontro sul tema “Africa, oltre gli stereotipi” al “Festivalfilosofia” di Modena il 21 settembre.
-Chiusa (quasi) la trilogia, a cosa si dedicherà adesso Agnello Hornby? “Mi piacerebbe fare della saggistica – risponde la scrittrice – se riesco ad essere saggia … ma anche a scrivere libri per bambini”.
Ai tanti lettori non resta che attendere!
LORENZO ROSSO