Beato Rosario Angelo Livatino da Canicattì
La storia di un magistrato ucciso dalla mafia ed elevato agli onori dell’altare.
Quella mattina del 21 settembre toccò a lui, poche ore dopo l’omicidio del giudice, informare gli anziani genitori di Rosario Livatino, che il loro unico figlio era stato assassinato. “Un compito – raccontò l’allora presidente del tribunale di Agrigento, Salvatore Bisulca – che ho accettato come un dovere. Dover comunicare a due genitori soli, che vivevano nell’amore di quel loro figlio, che era stato ucciso, ha rappresentato quanto di più angoscioso sia capitato nella mia vita”. Salvatore Bisulca, diretto superiore di quel magistrato che da poco aveva ottenuto di passare al tribunale (perché a suo dire non si sentiva di rimanere in procura con l’entrata in vigore del nuovo Codice) nel rievocare ciò che accadde quella mattina, gli si inumidirono gli occhi.
“Ci sono momenti che non dimenticherò mai. Quando la mattina giunsi sul luogo dell’agguato. Qualcuno nel vedermi sollevò il lenzuolo bianco per mostrarmi il corpo del giudice. Quello che mi ha impressionato è stato il suo viso. Aveva gli occhi aperti e sembrava che guardasse il cielo; che guardasse a Dio come per una suprema invocazione. Livatino non aveva mai chiesto un servizio di protezione. Lui non si “guardava”. Era un magistrato che lavorava molto, soprattutto fino a tardi, nel suo ufficio del tribunale. I motivi per i quali lui non ha mai richiesto la scorta vanno ricercati nel fatto che Rosario Livatino, in quel suo candore, riteneva che chi fa il proprio dovere, chi praticamente adempie quelli che sono i doveri del suo ruolo, non può essere malvoluto. Fa semplicemente il suo dovere. Perché non è lui che vuole fare del male a qualcuno, ma è la legge che dice di perseguire qualcuno che infrange le regole. Questo faceva semplicemente il giudice Livatino, come adempimento del suo dovere. E in questo convincimento lui si sentiva sicuro di non suscitare animosità o sentimenti di vendetta verso chicchesia. Ecco perché il giudice Livatino non aveva mai chiesto la scorta!”.
Al presidente del Tribunale Bisulca quella mattina toccò anche il difficile compito di avvertire gli anziani genitori del giudice che il loro unico figlio era stato assassinato. “Ricordo che a un certo punto il papà, il dottor Vincenzo Livatino, mentre io cercavo le parole per annunciare quanto era appena successo, mi disse: ma allora lei vuole farmi capire, a poco a poco, che è morto? E la moglie, Rosalia Corbo rispose: “perché tu ancora non l’avevi capito?”. Un’altra espressione che mi è rimasta nel cuore in quei tragici momenti fu quando il padre del giudice, rivolto alla moglie, disse: “allora per noi è davvero tutto finito!”. Perché per loro, Rosario era davvero tutto!”.
LORENZO ROSSO
Segui il canale AgrigentoOggi su WhatsApp