CAMASTRA. Non ci saranno elezioni amministrative, il prossimo mese di giugno a Camastra, nell’Agrigentino. Quando mancavano, infatti, quasi due mesi alla scadenza del mandato elettorale del sindaco Angelo Cascià (eletto a capo di una lista civica nel 2013), il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell’Interno Marco Minniti, a norma dell’articolo 143 del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, ha deliberato lo scioglimento del Consiglio comunale di Camastra per mafia.
La motivazione è legata “alle riscontrate ingerenze da parte della criminalità organizzata – si legge in una nota di Palazzo Chigi”. Lo scioglimento del Consiglio comunale per mafia, comporta la decadenza immediata degli organi democraticamente eletti: Consiglio, giunta e sindaco e la sostituzione con commissari straordinari per una durata di 18 mesi che si possono estendere fino a 36 mesi, in sostanza fino a quando non sarà ripristinata la legalità.
Il sindaco Cascià, appresa la notizia ha dichiarato: “Resto allibito perché mai e poi mai mi sarei aspettato che la mia legislatura potesse concludersi in questo modo. Ribadisco che non ho mai favorito alcun mafioso e che la mia persona è estranea ad ogni forma di condizionamento esterno da parte di appartenenti alla consorteria mafiosa”. Da quasi un anno al Comune di Camastra si era insediata la commissione di accesso agli atti, composta dal vice prefetto Elisa Vaccaro, dal vice capo della Squadra Mobile Vincenzo Di Piazza e dal comandante provinciale della Guardia di Finanza, il colonnello Fabio Sava, per accertare se vi siano stati eventuali condizionamenti o infiltrazioni nella macchina amministrativa. La commissione, dunque, ha ultimato il suo lavoro di verifica, trasmettendo alla Prefettura di Agrigento – secondo quanto previsto dalla legge – la relazione che poi è stata inviata al Viminale e sulla base della relazione il ministro dell’Interno ha deciso di proporre al Consiglio dei ministri lo scioglimento per mafia dell’ente. Allo scioglimento del Consiglio comunale si è arrivati dopo l’operazione “Vultur” della Squadra Mobile e della Dda di Palermo che portò a cinque provvedimenti restrittivi. Tra i capi di imputazione formulati a carico di Rosario e Vincenzo Meli (padre e figlio, presunti mafiosi del posto) emerge una brutta storia di condizionamento della consultazione elettorale amministrativa del 2013. I pubblici ministeri contestano ai Meli il ricorso all’intimidazione affinchè un candidato sindaco recedesse dalla sua intenzione di presentarsi alle elezioni a tutto vantaggio del candidato rivale. La vicenda viene così ricostruita nell’ordinanza di custodia cautelare del blitz “Vultur”: “Rosario Meli, quale capo della famiglia mafiosa operante sul territorio di Camastra, ha partecipato attivamente, direttamente e tramite terze persone, alla campagna elettorale relativa alle elezioni amministrative del giugno 2013, fornendo supporto al candidato sindaco Angelo Cascià anche attraverso condotte intimidatorie nei confronti di esponenti di altri schieramenti politici”. Cascià ha sempre sostenuto di aver “Combattuto la mafia e negli atti amministrativi è tutto riscontrabile. In questi anni non è stato dato nemmeno un appalto o un consulenza perché l’ente è senza soldi e riesce a malapena a pagare i dipendenti. Mi sento in dovere di potere affermare senza se e senza ma – ha aggiunto il sindaco – con fatti concreti passati e presenti, riscontrabili nelle carte e nelle azioni di una vita, di avere sempre agito nel pieno rispetto delle norme della legalità, non con semplici parole ma con i fatti. Pertanto condanno fortemente la mafia, ogni sua manifestazione ed ogni fenomeno di stampo mafioso”. Ieri però le conclusioni del ministro Minniti hanno dato un esito del tutto diverso con lo scioglimento per mafia dell’ente.