Ricordato ieri a Favara nella Chiesa S. Vito don Giuseppe Seggio, il Parroco assassinato 50 anni fa [FOTO]

 Partecipazione e commozione ieri nella Chiesa di S. Vito di Favara nel ricordo del Parroco P. Giuseppe Seggio, assassinato all’età di 47 anni. Un assassinio avvenuto nel tardo del 5 maggio 1969, nella parte alta di Via Umberto, a qualche centinaio di metri dal Calvario, dove ogni anno nel giorno del Venerdì Santo, proprio P. Seggio predicava al momento solenne dell’esposizione del Cristo in Croce, verso le ore 13, davanti ad una marea sempre presente di popolo come quest’anno, lanciando messaggi forti alla Città.

E proprio nel 1969, il Venerdì Santo era stato il giorno del 4 aprile, quando P. Seggio aveva lanciato dal Calvario, con la sua voce impetuosa, travolgente e coinvolgente, messaggi di pace, di riconciliazione e di amore, ribadendo le parole “Dobbiamo amarci ! siamo fatti per il Cielo!”. Parole che don Diego Acquisto, (che ieri ha presieduto la concelebrazione con i Sacerdoti Giuseppe D’Oriente, Giuseppe Argento, Salvatore Zammito, Angelo Butera) ha detto che, pronunciate esattamente un mese prima, devono essere considerate come il suo testamento spirituale e che per questo sono state trascritte in una lapide ricordo che l’Amministrazione Comunale presieduta dal Sindaco Mimmo Russello nel 2009, ricorrenza del 40°, ha voluto incidere, unitamente alla sottolineatura dell’impegno formativo dei giovani, nella lapide ricordo che si trova all’interno della Chiesa S. Vito.

Perché, come ha spiegato don Diego nell’omelia, – ricordando tante testimonianze raccolte nel tempo, dal Vescovo Mons. Giuseppe Petralia che allora ha presieduto i funerali, al Sindaco del tempo Angelo La Russa, a Mons. Di Marco, a tanti , tanti laici impegnati nel sociale che a più riprese hanno ricoperto importanti ruoli di servizio alla collettività, compreso il prof. Biagio Lentini, al quale, a nome di tutti, ieri al termine della Messa è stata concessa la parola – la spiritualità che suscitava P. Seggio, portava non al disimpegno, non a rinchiudersi nella sacrestia, ma a confrontare la fede con i problemi della società. Una spiritualità, che anticipava le indicazioni del Vaticano II, e che portava ad inserirsi nelle strutture sociali e nel mondo del lavoro. “Una spiritualità – ribadiva don Diego – che portava anche a non tirarsi indietro di fronte alla lotta, allora necessaria, per difendere e salvare il valore prezioso della democrazia, da deviazioni, riflussi o alternative, specialmente allora , pericolose”.

Oggi sentiamo spesso Papa Francesco che parla di una “Chiesa in uscita” e di una Chiesa “ospedale da campo”, per soccorrere e curare tempestivamente le ferite sociali. Inoltre don Diego Acquisto nell’omelia collegava l’assassinio di Don Seggio, che allora lascio sgomenta e scosse profondamente Favara che partecipò massicciamente ai funerali ed all’accompagnamento funebre, a due altri fatti di sangue in cui storicamente c’è pure stata la stessa corale, massiccia partecipazione, come testimoniano anche le foto storiche rintracciabili oggi anche sui social.

Cioè l’assassinio di Gaetano Guarino primo sindaco, democraticamente eletto del dopoguerra, avvenuto il 16 maggio 1946, e l’assassinio del piccolo Stefano Pompeo del 21 aprile 1999. Guarino, sempre ricordato dai favaresi, come ideale di uomo probo, onesto, corretto amministratore, grande galantuomo nella vita politica e civile. Stefano Pompeo vittima innocente della malvagità umana nel suo intreccio di interessi illeciti e mafiosi. Don Acquisto ha concluso la sua omelia, seguita con grande attenzione, con queste parole : “…. La nostra Parrocchia di S. Vito, così come la, Chiesa di Favara, sulla scia tracciata da alcune forti e nobili figure di laici e di sacerdoti – una di queste figure è sicuramente Don Giuseppe Seggio, così come il Sindaco Gaetano Guarino o il sangue innocente di Stefano Pompeo, … Favara deve proseguire in un cammino di fede e di impegno. Il sangue innocente redime e purifica….ed è segno profetico per l’intera collettività, per scuotere menti e cuori, per spingere questa nostra Favara ad abbandonare ogni forma di violenza e di illegalità; e dal sangue innocente versato deve maturare sul piano umano, civile e politico un nuovo paradigma di vita sociale, politica e civile, segnato da una nuova cultura di solidarietà e di giustizia”.

Domenico Vecchio