Presentato questa mattina in Cattedrale ad Agrigento il restauro e la riconfigurazione potenziale dell’urna di San Gerlando dopo i furti degli anni ottanta. Un momento di vera emozione e di apprezzamento dell’opera degli artigiani cesellatori contemporanei. L’urna custodisce i resti mortali del patrono della città e dell’Arcidiocesi di Agrigento, rappresenta il monumento della fede cristiana e un patrimonio artistico inestimabile. Preziosa testimonianza non solo del profondo sentimento religioso del popolo agrigentino verso il Patrono, ma anche la dimostrazione di una committenza colta e illuminata, che si rivolge quasi sempre a noti artisti per la loro esecuzione. L’opera, che presenta insieme le tipologie dell’arca reliquiaria e della macchina processionale, venne realizzata su disegno del grande pittore monrealese Pietro Novelli.
L’urna, una cassa lignea scolpita e rivestita con argento cesellato, sbalzato e inciso fu Commissionata dal Vescovo Francesco Traina nel 1635, realizzata nel 1639. L’argentiere Michele Ricca e lo scultore Giancola Viviano realizzato l’opera. Purtroppo nel 1972 furono trafugati 10 dei 12 puttini e la statuetta del santo mentre l’urna si trovava nella Chiesa di San Domenico dopo la chiusura della cattedrale a seguito della frana. Al suo rientro in cattedrale nel 1983 ci fu un altro furto sacrilego e furono trafugati i restanti puttini e i sei riquadri con gli episodi della vita del santo. Nel 2012 il Comando carabinieri Tutela del Patrimonio Culturale ha ritrovato e riconsegnato 6 degli 8 puttini dell’urna argentea di San Gerlando che erano stati trafugati. Nel 2013 fu ritrovato e consegnato in un altro puttino.
Oggi l’urna è stata restaura e riconfigurata e consegnata alla comunità ecclesiale e alla città come segno di identità. Soggetti promotori del restauro sono stati l’ Ufficio Beni Culturale dell’Arcidiocesi e il Museo Diocesano Agrigento, mentre il rilievo preliminare è stato realizzato da Domenico Olivieri e Sofia Sanfilippo che ha curato anch il restauro delle parti lignee. Il progetto di restauro è stato curato da Antonio Mignemi della Mimarc mentre la creazione e integrazioni parti mancanti sono stati realizzati dalla Fabbrica Artigiana Argenteria Amato Antonino. Questa grande operazione è stata possibile grazie alla generosità dell’arch. Alfonso Cimino che finanziato integralmente il restauro.
“Celebrare il Patrono di una città significa asserire solennemente che egli, oltre che nella fede, è pure il Pater civitatis, il fondatore della Città stessa – si legge nella nota dell’Arcidiocesi di Agrigento -. Gerlando è il fondatore della città perché solo Dio può essere garante vero del bene comune che è il vero fine dello stare insieme. La Città non è un ammasso d’individui ma una comunità perché i cittadini hanno una comunanza di fini e la comunanza di fini richiede un fondamento indisponibile che solo Dio può garantire. I vescovi patroni hanno difeso le loro città da nemici e carestie; talvolta, le hanno tenute insieme nelle difficoltà e, talvolta, perfino governate”.
“Quando ciò non è avvenuto, essi sono lo stesso Patres civitatis perché non c’è legame che possa sostituire per verità e profondità quello religioso. La festa del Patrono ricorda che le questioni di quaggiù non si risolvono senza l’aiuto da lassù. Non si dissodano i terreni incolti se prima non si dissodano le anime. Le relazioni tra gli uomini rimangono conflittuali se prima non si sistemano le relazioni con Dio. La famiglia – conclude la nota – non può essere protetta con leggi e politiche se si dimentica la Santa Famiglia. Chi non guarda in verticale finisce per non guardare nemmeno in orizzontale”.

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