La Cassazione ha annullato, con rinvio ad un’altra sezione, la sentenza della Corte di Appello di Palermo a carico dell’avvocatessa agrigentina Francesca Picone, e della sorella Concetta, consulente di un patronato, inizialmente finite a processo per estorsione e tentata estorsione a carico dei familiari di alcuni clienti disabili dello studio legale. Secondo i giudici non fu né estorsione, né tentata estorsione, e il reato è stato riqualificato in quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia.
Quest’ultimo reato, tuttavia, è prescritto. Il processo di appello “bis”, quindi, sarà celebrato solo per gli effetti civili. Qualora le due imputate dovessero essere riconosciute colpevoli, al massimo potranno pagare un risarcimento dei danni.
Secondo l’accusa l’avvocatessa avrebbe “estorto o tentato di estorcere denaro alla madre di tre figli disabili, e a un nucleo familiare di un vedente”. Il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Agrigento, Alfonso Malato, in primo grado, ha inflitto 4 anni all’avvocatessa, e 1 anno e 8 mesi alla sorella. I difensori – gli avvocati Angelo Farruggia, Annalisa Russello, Fabrizio Siracusano e Valerio Spigarelli – hanno impugnato il verdetto, poi quasi del tutto ribaltato in secondo grafo.
I giudici d’appello avevano confermato solo i risarcimenti alle presunte vittime dimezzando, però, le provvisionali ovvero l’anticipo subito esecutivo da 10.000 a 5.000 euro.
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