Quando Placido gli disse: ‘Abbracciamoci’. Così Piparo è arrivato nel cast del film su Livatino
«Alla fine del provino mi disse: “Abbracciamoci”. E ci siamo abbracciati. Ma sapevo che non mi avrebbe chiamato per girare, perché non aveva una parte per me.»
Invece, è andata diversamente. Ci sarà anche il cuntastorie palermitano Salvo Piparo ne Il giudice e i suoi assassini, la miniserie di Michele Placido dedicata al giudice Rosario Livatino, in onda il prossimo anno su Rai 1 in due serate. Le riprese si sono concluse ad Agrigento ai primi di novembre, trasformata per l’occasione in una Capitale 2025 riportata indietro di quarant’anni, nell’atmosfera degli anni Ottanta, per raccontare la vicenda del magistrato ucciso dagli Stiddari nel settembre del 1990.
Per Placido è un ritorno ad Agrigento, dopo Eterno Visionario, uscito esattamente un anno fa. Se allora aveva raccontato gli ultimi anni di vita di Luigi Pirandello, oggi il set si è allargato all’intera provincia: Naro, Canicattì, Palma di Montechiaro, Favara, Siculiana.
Il cast è composto da Giuseppe De Domenico (Livatino), Leonardo Maltese, Nino Frassica, Michela De Rossi, Brenno Placido, Ninni Bruschetta, Francesco Benigno. E, contro ogni previsione – perfino la sua – anche da Salvo Piparo, scelto attraverso un percorso singolare.
«Un provino senza parte. Io ho raccontato un cunto»
«In estate fui contattato dall’ufficio casting. Placido era interessato a incontrarmi perché aveva sentito parlare di me. Un provino senza parte, basato su una conversazione.»
Piparo parla di sé, poi racconta una storia. Non una storia qualunque: il cunto della Strage di Capaci.
Un cunto che si apre col segno della croce e si chiude «col botto che arriva da lontano. Il botto e poi il silenzio. Sordo. E sotto, le macerie».
Alla fine, Placido lo abbraccia:
«Ho visto e sentito tanti tipi di attori, ma tu sei uno che fa vibrare lo stomaco.»
Poi aggiunge che non lo avrebbe potuto chiamare, perché quella narrazione non aveva spazio nella storia già scritta. Forse, più avanti, in un altro progetto.
E invece il gioco delle parti – come lo definisce Piparo – cambia tutto:
«E perché mai? Se non è cunto, sarà qualcos’altro!»
Così è stato: Piparo interpreterà un personaggio della serie.
«Io ero già felice così»
«Io ero già felice così» racconta il cuntista dalla barba folta, «e poi mi sono ritrovato sul set. Un set incantevole, con un mare bellissimo.»
Che effetto ti ha fatto essere diretto da Michele Placido?
«È stata una bella esperienza. Placido mi ha dato delle dritte. Lui, da regista, ha la visione prima di tutti. Sulla scena ci muoveva come pedine. Mi incitava a osare, a forzare la mano.»
Come hai reagito?
«Ho faticato parecchio. Ero molto concentrato. Mi sono dato anima e corpo per quattro giorni. È stato bello e sono soddisfatto.»
Impegnativo?
«Abbastanza. Giornate lunghe. In pochissimo tempo ho dovuto preparare una parte non prevista. Era fine settembre: per fortuna non faceva caldo, c’era un venticello piacevole. Ma ho avuto solo la mattinata per imparare due fogli a memoria. Fortunatamente ho il mestiere dalla mia parte. Se sei acerbo, non riesci.»
Una difficoltà?
«Fumare un sigaro, mentre lui coordinava la troupe.»
La parte più entusiasmante?
«Vederlo montare la scena. Creava! Una sorta di danza che gli attori poi dovevano replicare. Cambiava la sceneggiatura sul momento. Uno grande!»
«Il regista cambia la prospettiva»
«Ho imparato molto. Non c’era stallo. Il regista fa la differenza: ti cambia la prospettiva mentre le scene crescono con lui. Mi sentivo libero di agire con impulsività studiata.»
Cosa pensi del cinema di oggi?
«Tanti, troppi film. E poca qualità. E quasi tutti mirati a compiacere il pubblico. Bisogna esaltare il bene, non il male. Sennò perdiamo la bussola.»
Il film su Livatino?
«È legato a una figura poco raccontata. Spero arrivi nelle scuole. Ai ragazzi che diventano violenti perché il sistema li vuole così. Ci sono scene forti, mai violente.»
«Agrigento è contraddittoria, ma bellissima»
Che idea ti sei fatto di Agrigento?
«È una città contraddittoria. Con problematiche sociali e strutturali serie. Il sacco edilizio è sotto gli occhi di tutti. I luoghi della cultura hanno falle evidenti. I turisti si aspettano di più. Però la natura è bellissima.»
Un film che ami?
«I cento passi. Mi ha cambiato la vita. L’ho visto a vent’anni al cinema Marconi. Un film fatto bene, attori bravissimi. Il messaggio di Peppino Impastato è fondamentale.»
«Mi porto dietro una fiammella»
«Svaniscono i lupi quando ti immergi nella storia. Dai soddisfazione al fuoco che scorre dentro di te. Io mi sento fortunato per aver condiviso una fiammella con un regista straordinario.»
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