A Raffadali una giornata di sensibilizzazione per l’affido familiare dei minori stranieri non accompagnati
Raffadali, 3 ottobre 2025 – A dodici anni dal naufragio di Lampedusa, in cui persero la vita 368 migranti, la memoria di quella tragedia si è trasformata a Raffadali in un gesto di speranza.
Sul campo di calcio Sant’Anna, tra passaggi e risate, famiglie locali e minori stranieri non accompagnati si sono incontrati per un pomeriggio di sport, convivialità e dialogo, dando vita al progetto “Dalle vite che ricordiamo nascono famiglie che accolgono”.
L’iniziativa è stata promossa dalla Società Cooperativa Sociale Sanitaria Delfino, diretta da Giovanni Catuara, che gestisce il SAI MSNA di Raffadali e il SAI MSNA di Agrigento/Porto Empedocle, in collaborazione con la Parrocchia di San Giacinto Giordani Ansalone, guidata da don Aldo Sciabbarasi.
Una partita amichevole e un momento conviviale sono diventati l’occasione per costruire relazioni, trasformando la memoria del 3 ottobre in un segno concreto di accoglienza e integrazione.
L’affido familiare: un bisogno reale, una strada da aprire insieme
La giornata ha offerto l’opportunità di approfondire un tema ancora poco conosciuto ma di grande valore: l’affidamento familiare dei minori stranieri non accompagnati (MSNA).
«L’assenza di centri affido sul territorio rende difficile avviare percorsi familiari – spiega la psicologa Fabiola Vullo, del SAI di Raffadali –. I ragazzi nei centri di accoglienza ricevono tutto il necessario, ma solo in una famiglia possono sperimentare il calore e l’appartenenza che rendono possibile una vera integrazione.»
La dottoressa Gesua Gisella Mangione, responsabile del SAI di Raffadali, ha sottolineato il valore dei piccoli gesti quotidiani:
«A volte bastano piccoli gesti per fare la differenza. Una partita, un pranzo insieme, un momento condiviso possono diventare il punto di partenza per costruire legami. È da questi gesti che nasce la disponibilità ad accogliere e un cammino verso l’affido familiare.»
Per don Aldo Sciabbarasi, accogliere significa trasformare la solidarietà in azioni quotidiane:
«Accogliere va oltre il donare beni materiali: significa offrire tempo, ascolto e fiducia. Speriamo che la nostra comunità, come ha fatto oggi, continui ad aprirsi a questi ragazzi e che cresca la sensibilità verso l’affido familiare. Ogni giovane ha diritto non solo a un tetto, ma anche a un abbraccio che lo faccia sentire parte di una famiglia.»
Esperienze che mostrano la strada
La dottoressa Vanessa Casà, responsabile del SAI di Porto Empedocle, ha raccontato un esempio concreto:
«Siamo riusciti ad avviare un percorso di affidamento familiare grazie alla disponibilità e all’impegno di una famiglia del territorio. Non è stato un cammino semplice, ma quando l’accoglienza diventa esperienza collettiva, può cambiare concretamente la vita di chi la riceve.»
Un’esperienza che dimostra come la collaborazione tra istituzioni, operatori e cittadini possa generare cambiamenti reali anche in contesti dove le strutture formali sono ancora in via di sviluppo.
Il riscontro della comunità di Raffadali
La risposta della comunità è stata calorosa e partecipata.
Numerosi cittadini hanno manifestato interesse per l’affido familiare, lasciando i propri contatti per ricevere informazioni e approfondire i percorsi promossi dalla Cooperativa Delfino.
Mentre la giornata volgeva al termine, sorrisi, abbracci e strette di mano tra ragazzi e cittadini hanno lasciato un messaggio chiaro: l’integrazione non è un concetto astratto, ma un cammino quotidiano fatto di relazioni, fiducia e partecipazione.
E forse proprio da qui — da una comunità che sceglie di ricordare accogliendo — può nascere il futuro di nuove famiglie.
Segui il canale AgrigentoOggi su WhatsApp





