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Home » note ufficiali » PNRR, l’Ordine degli agronomi: “Occorre il coinvolgimento della società civile”

PNRR, l’Ordine degli agronomi: “Occorre il coinvolgimento della società civile”

2 Settembre 2021
in note ufficiali
Foto Roberto Monaldo / LaPresse
26-04-2021 Roma
Politica
Camera dei Deputati - Comunicazioni del Presidente del Consiglio Mario Draghi sul Recovery plan
Nella foto Il PNRR

Photo Roberto Monaldo / LaPresse 
26-04-2021 Rome (Italy) 
Chamber of Deputies - Communications by Prime Minister Mario Draghi on the Recovery plan

Foto Roberto Monaldo / LaPresse 26-04-2021 Roma Politica Camera dei Deputati - Comunicazioni del Presidente del Consiglio Mario Draghi sul Recovery plan Nella foto Il PNRR Photo Roberto Monaldo / LaPresse 26-04-2021 Rome (Italy) Chamber of Deputies - Communications by Prime Minister Mario Draghi on the Recovery plan

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“Riteniamo che il Piano nazionale di ripresa e resilienza, a prescindere della dotazione di risorse destinate al Mezzogiorno, sia stato impostato con un vecchio criterio che disattende non solo le raccomandazioni contenute all’interno di Agenda 2030 ma anche le indicazioni oramai chiare di una transizione ecologica verso quel modello di Economia Circolare che caratterizzerà sempre più le politiche del futuro. A pagare lo scotto maggiore di questo errore di impostazione sarà, come al solito, la provincia di Agrigento, che sconta un’assenza di opere preesistenti e più grave mancanza di progettualità”.
Ad intervenire con forza sul tema dell’assenza di risorse stanziate per la provincia di Agrigento nel Pnrr, già lanciato dall’Ordine degli Architetti di Agrigento, presieduto da Rino La Mendola, sono la presidente dell’Ordine degli Agronomi e dei dottori Forestali, Maria Giovanna Mangione, e il presidente del Collegio territoriale dei Periti Agrari e dei Periti Agrari Laureati di Agrigento, Francesco Ciaccio, parti della Rete delle professioni tecniche.
“L’essere rimasti tagliati fuori, ancora una volta, da importanti risorse – continuano – è particolarmente grave stante l’assenza in questa parte della Sicilia non solo delle grandi infrastrutture ma anche delle opere essenziali, con pesantissime ricadute su tutto il sistema socioeconomico, in particolare quello agricolo, zootecnico e forestale, già in grave crisi. Le aziende dell’entroterra, pur producendo vere e proprie eccellenze riconosciute a livello nazionale, hanno oggi difficoltà enormi a raggiungere i grandi mercati a causa di reti viarie fatiscenti e purtroppo non vediamo all’orizzonte una vera e propria strategia nazionale per le aree interne. Un investimento che dovrebbe essere rivolto a promuovere l’insediamento dei giovani o delle giovani famiglie nelle case inutilizzate nei borghi, sempre più vuoti e spopolati, attraverso anche attività che siano garanti delle aree rurali e naturalistiche di un sud altamente devastato, come se non bastasse, anche dalla questione incendi e dai dissesti idrogeologici”.
Maria Giovanna Mangione ribadisce, inoltre, che oggi come mai occorrono “opere per sanare l’isolamento tra i territori e attuare quelle politiche sociali ed ecologiche che stanno alla base dell’Economia Circolare. Su questi temi – prosegue – l’Ordine dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali di Agrigento lancia un forte grido di allarme chiedendo, prima possibile, anche attraverso la Rete delle professioni tecniche, una concertazione sociale che veda, nei modi opportuni, un coinvolgimento di tutta la società civile”.
Posizioni, queste, sostenute anche da Francesco Ciaccio.
Sul tema delle infrastrutture, la Rete delle Professioni Tecniche, a cui aderiscono gli Ordini professionali dell’area tecnica, sta organizzando, per il prossimo autunno, un evento finalizzato a lanciare un appello alle istituzioni competenti affinché siano investite nuove risorse per la realizzazione di una serie di interventi infrastrutturali organici per potenziare il sistema portuale, aeroportuale, ferroviario e stradale a servizio della Sicilia centro-meridionale e soprattutto dell’Agrigentino. Tutto ciò nella consapevolezza che la nostra terra, se riuscisse a superare il grave gap infrastrutturale che l’ha progressivamente isolata dal resto del Paese, potrebbe rilanciare autorevolmente il suo ruolo naturale di “porta d’Europa sul Mediterraneo” non solo dal punto di vista politico e culturale, ma anche da quello turistico, economico e commerciale.

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