Dopo la morte dello storico boss Salvatore Di Gangi, travolto da un treno non appena uscito dal carcere nel novembre 2021, la famiglia mafiosa di Sciacca si era riorganizzata, esercitando un capillare controllo economico. A Di Gangi è subentrato uno storico uomo d’onore di Cosa Nostra saccense, già condannato per associazione mafiosa. Un uomo si sarebbe affermato grazie alla spiccata capacità di “ergersi come collettore nel settore degli appalti”. Sette gli arresti, di cui 5 in carcere e 2 ai domiciliari. Ben 22 gli indagati. Il blitz dei finanzieri del nucleo di polizia Economico-Finanziaria di Palermo e della Compagnia di Sciacca è scattato all’alba.
Data esecuzione a due ordinanze cautelari emesse dal Gip su richiesta della Dda. Gli indagati sono indiziati, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, usura, corruzione e illecita concorrenza aggravate dalla finalità di agevolare Cosa Nostra, scambio elettorale politico-mafioso e traffico illecito di rifiuti.
Le indagini, condotte dagli specialisti delle Fiamme gialle, avrebbero permesso di ricostruire “la persistente capacità d’infiltrazione e di condizionamento del tessuto socio-economico del territorio da parte dell’associazione mafiosa che ha trovato espressione, da un lato con il controllo pressoché totale nel settore degli appalti e i costanti tentativi di inserimento con i sub-appalti e le forniture, dall’altro con il condizionamento del voto in occasione delle consultazioni elettorali”.
Nel corso delle investigazioni sarebbe emerso un penetrante potere di infiltrazione del sodalizio criminale nell’economia legale, con particolare riferimento ai settori delle costruzioni e del movimento terra connessi alla realizzazione di opere pubbliche ricadenti sul territorio di influenza dell’articolazione di Cosa Nostra, attuato anche ricorrendo a condotte estorsive, di illecita concorrenza con minaccia o violenza e di usura in danno di imprenditori estranei alla cerchia fiduciaria del nuovo reggente della famiglia mafiosa.
Nello specifico, tra il 2020 e il 2023, sarebbe stato riscontrato il condizionamento di diversi appalti pubblici, con particolare riferimento alla realizzazione del depuratore, nonché al rifacimento della rete fognaria, dell’area portuale di Sciacca e dell’asilo comunale di Menfi, avvenuto anche grazie al determinante apporto di imprenditori mafiosi che, sostituendosi di fatto alle società aggiudicatarie, avrebbero sistematicamente eluso la normativa antimafia in materia di sub-appalto mediante l’imposizione delle forniture di materie prime e il nolo a freddo di mezzi.
Tra i destinatari delle ordinanze di custodia cautelare figura anche un pubblico ufficiale, in capo al quale sono stati ipotizzati i reati di corruzione e di falso, in quanto nel 2021, in cambio dell’esecuzione a titolo gratuito di alcuni lavori presso la propria abitazione, avrebbe agevolato la società riconducibile a uno degli imprenditori mafiosi per l’aggiudicazione dell’appalto relativo alla realizzazione dell’hub vaccinale di Sciacca, attestando falsamente il possesso di una certificazione indispensabile per l’ottenimento della commessa.
Si tratta dell’ex responsabile della protezione civile di Agrigento, Maurizio Costa, 64 anni di Favara. Gli elementi acquisiti nel corso delle investigazioni avrebbero inoltre consentito di riscontrare l’intervento del pubblico ufficiale per favorire l’affidamento diretto a favore della citata società dei lavori relativi allo “sgombero e ripristino del manto stradale nel Comune di Lucca Sicula”, al “ripristino della pavimentazione stradale di collegamento in alcune contrade del comune di Caltabellotta” e “all’intervento di recinzione dell’area posta sotto sequestro dalla procura alla Scala dei Turchi nel comune di Realmonte”.
Infine, le attività d’indagine avrebbero disvelato, il tentativo di influenzare le elezioni comunali di Sciacca del 2022. In tale contesto, il nuovo reggente della famiglia mafiosa avrebbe incontrato un candidato al Consiglio comunale per garantirgli appoggio politico, episodio per il quale il gip ha ritenuto ricorrenti elementi idonei a configurare il reato di “scambio elettorale politico mafioso”. Per eseguire gli arresti sono stati impiegati oltre 100 militari della Guardia di finanza, in forza ai reparti di Agrigento e Palermo, che hanno inoltre effettuato perquisizioni in diverse province siciliane e nel Molise, nelle abitazioni e sedi societarie nella disponibilità di 22 indagati.