I finanziari del Comando provinciale di Catania, nell’ambito dell’operazione “Alto livello”, hanno eseguito le ordinanze cautelari nei confronti di 16 persone a Catania, Siracusa, Ragusa, Enna, Palermo, Milano, Brescia, Roma e Pesaro e sequestrato quote societarie, disponibilità finanziarie e beni per 29 milioni di euro. Cinque sono finiti in carcere, sette ai domiciliari e quattro obblighi di presentazione alla Polizia giudiziaria. Nell’inchiesta coordinata dalla Dda della Procura di Catania ci sono complessivamente 33 indagati.
I reati ipotizzati, a vario titolo sono: associazione a delinquere, emissione di fatture per operazioni inesistenti, infedele dichiarazione dei redditi, dichiarazione fraudolenta mediante l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, omesso versamento di ritenute previdenziali e di Iva, autoriciclaggio e riciclaggio di denaro di origine illecita. È un’inchiesta che parla molto canicattinese.
Al vertice del sodalizio criminale ci sarebbe stato Carmelo Salvatore Di Salvo, di 53 anni, di Canicattì, finito in carcere. Per gli inquirenti sarebbe la “mente” di un articolato sistema di frode, alimentato dalla creazione di ben 14 reti di impresa, di cui avrebbero fatto parte 37 società con funzione di “distaccanti”, operanti in quasi tutte le regioni italiane. Secondo l’accusa con il meccanismo attuato in cinque anni il fatturato delle società gestite dall’uomo avrebbe raggiunto oltre 61 milioni di euro, a fronte del quale non sarebbero state versate le imposte e i contributi dovuti per circa 25 milioni di euro.
Dalle indagini della Guardia di finanza è emersa anche una vorticosa movimentazione di denaro contante, che rappresenterebbe il profitto dei reati contestati, utilizzata per assicurarsi un tenore di vita molto elevato e per l’acquisto, in diverse occasioni, di beni di lusso o beni rifugio come Rolex, monete e lingotti d’oro, per circa 270 mila euro.