A margine del Giubileo Diocesano ai piedi della “mamma ammalata”
Di Diego Acquisto
Giubileo appena concluso ! Mamma che è la nostra Cattedrale costruita da S. Gerlando, primo vescovo del secondo millennio, dopo la dominazione araba, dal 1088 al 1100.
Ammalata perché insiste su una collina che adesso vacilla, per cause pare proprio dovute a peccati dell’uomo negli ultimi 100 anni.
E l’omelia dell’arcivescovo, il card. don Franco Montenegro, proprio ha fatto ricorso al simbolismo di questa situazione per invitare a riflettere sui profondi cambiamenti di carattere culturale, sociale e spirituale che attraversano il nostro tessuto umano e sfidano la Comunità agrigentina, sollecitandola ad essere unita, in comunione ed “in uscita”, per una nuova forma di presenza e di testimonianza.
“Come può vacillare una collina –ha detto don Franco – così possono entrare in crisi tante nostre strutture, comprese quelle ecclesiali,… però non può venire meno la roccia, che è Cristo, al quale tutti sempre ci dobbiamo unicamente riferire”.
Ed ha preannunciato l’imminente promulgazione di un documento, elaborato alla luce delle Esortazioni apostoliche “Evangelii Gaudium” ed “Amoris laettia”, per un annuncio più efficace del Vangelo nel territorio agrigentino .
Naturalmente – ha subito chiarito – non ricette e direttive precise, ma semplicemente alcune linee comuni di orientamento che possano incoraggiare e orientare gli operatori pastorali agrigentini, in una nuova tappa di evangelizzazione piena di fervore e dinamismo.
Sottolineata a più riprese, nel corso dell’omelia, nel suggestivo scenario di piazza don Minzoni con sullo sfondo la Cattedrale, l’impellente esigenza di una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno.
Una conversione, – per dirla con un’espressione di Papa Francesco, dal valore veramente programmatico del suo pontificato – non una “semplice amministrazione” ma una vera azione pastorale sempre più missionaria; e quindi in “uscita”.
Basta col “Si è sempre fatto così…”, perché lo Spirito ci invita ad aprire strade nuove per incrociare il cambiamento, che prima di essere una “azione” o una “scelta”, oggi, – per dirla con molti pastoralisti, forse tra i più illuminati, – è diventato un “modo di essere”. E l’essere costantemente in uno stato di cambiamento sembra oggi quasi connaturato con l’identità dell’uomo moderno.
In questo contesto, anche per rispondere al graduale indebolimento di tutto ciò che suona “istituzionale”, si richiede davvero un nuovo modo di essere e di operare delle 190 parrocchie della diocesi, con la capacità pastorale di catturare e coltivare spazi di convergenza, specie tra le parrocchie di un’unica comunità ecclesiale cittadina.
Per “accompagnare, discernere ed integrare la fragilità, delle nostre strutture e delle persone che le frequentano, in una forma nuova di “approccio pastorale misericordioso” secondo la logica di un’integrazione progressiva, per le tante persone che non vivono secondo gli standard dei valori evangelici e, che pur con tutta la buona volontà, fanno fatica in questo percorso che pure vogliono proseguire.
Diego Acquisto
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