“Vedi cosa devi fare, ora c’è la festa e festeggiamo tutti… – si ascolta in un’intercettazione – Gli vado a dare fuoco… …gli puoi anche far cadere i denti…”. Gli interessi del gruppo si estendevano anche sui servizi funebri, gestiti proprio da due appartenenti al sodalizio con il ruolo di soldati. In alcuni casi persone sono state obbligate ad assegnare a due ditte diverse lo stesso funerale. Nel corso dell’indagine, a Favara, ha assunto un ruolo cardine Giuseppe Blando, 57 anni, anello di raccordo tra Cosa Nostra palermitana e gli stiddari di Palma di Montechiaro, colpito da misura per la sua capacità di intermediare per grosse quantità di cocaina, eroina e hashish, interagendo con i palermitani e i calabresi. Giuseppe è fratello del più noto Domenico, arrestato nel maggio del 1996 assieme alla moglie, entrambi favoreggiatori della latitanza di Giovanni Brusca.
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I Carabinieri del Comando provinciale di Agrigento, sotto il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia di Palermo hanno avviato una massiccia operazione antimafia, denominata “Oro Bianco”, tra Favara, Licata e Palma di Montechiaro, con l’impiego di oltre 200 unità dell’Arma territoriale, dello Squadrone Cacciatori, dei nuclei cinofili ed elicotteri, eseguendo 35 provvedimenti giudiziari, di cui 12 misure cautelari in carcere per il reato di associazione a delinquere di tipo mafioso (416 bis).
Tra gli arrestati, molti dei quali, di Palma di Montechiaro figurano Salvatore Montalto (consigliere comunale), Domenico Manganello, Sarino Lauricella, Sarino Lo Vasco, Gioacchino Rosario Barragato, Tommaso Vitanza, Giuseppe Morgana, Rosario Pace, Gioacchino Pace, Salvatore Emanuele Pace, Giuseppe Blando di Favara, e Calogero Lumia, palmese, finito ai domiciliari.
L’accusa per gli indagati è quella di essersi avvalsi della forza di intimidazione del vincolo associativo, e delle condizioni di assoggettamento ed omertà che ne derivano per commettere gravi delitti, acquisire la gestione o il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, di appalti e servizi pubblici e procurare voti eleggendo propri rappresentanti in occasione delle consultazioni elettorali.
Tra gli arrestati figurano fiancheggiatori di Giovanni Brusca, appartenenti alla famiglia “stiddara” che uccise barbaramente il giudice Rosario Livatino, e politici locali.
Sostegno ad un deputato Ars, inconsapevole
Non solo la politica locale, con l’elezione di un consigliere comunale, ma anche quella regionale sarebbe stata al centro degli interessi del gruppo mafioso di Palma di Montechiaro gestito da Rosario Pace, 60 anni. Secondo gli investigatori, il gruppo offriva “sostegno elettorale ad un inconsapevole onorevole eletto all’Assemblea regionale Siciliana con l’aspettativa di ricevere favori”. Le richieste riguardavano soprattutto le assunzioni. “Hanno telefonato per confermare nome e cognome – è il contenuto di un’intercettazione – Fai arrivare il curriculum…”. Le segnalazioni giungevano quindi “a influenti rappresentanti della politica e delle istituzioni locali ottenendo rapidamente le risposte desiderate”.
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Fra i destinatari dell’ordinanza cautelare dell’inchiesta “Oro bianco”, che ha fatto scattare in provincia di Agrigento 35 provvedimenti, tra cui 12 misure di custodia cautelare in carcere, c’e’ il consigliere comunale di Palma di Montechiaro, Salvatore Montalto, 52 anni, eletto quattro anni fa nelle fila dell’Udc. Montalto, scrive l’AGI, impiegato di banca, e’ finito in carcere con l’accusa di associazione mafiosa. In particolare sarebbe stato uno dei cosiddetti “capidecina” della cosca del paese che avrebbe avuto in Rosario Pace, il punto di riferimento. L’esponente politico, secondo le accuse, sarebbe stato “a disposizione della famiglia mafiosa” garantendo supporto e “contribuendo a rafforzare il prestigio criminale sul territorio”. L’indagine dei carabinieri, coordinati dalla Dda di Palermo, ha accertato altri legami fra la criminalita’ e la politica. Un intero capitolo dell’ordinanza e’ dedicato ai “favori ai politici”.
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