“Quando è stato catturato in Francia gli è stata concessa l’estradizione per alcuni procedimenti, lo stesso doveva essere fatto prima di chiedere il rinvio a giudizio nell’ambito di questo. Così sono state violate le procedure e il rinvio a giudizio va annullato”. Lo sostiene l’avvocato Barbara Garascia, difensore di Giuseppe Falsone, ex numero due di Cosa nostra agrigentina, chiedendo l’annullamento del processo scaturito dall’operazione “Xydi”.
I giudici della seconda sezione penale, presieduta da Wilma Angela Mazzara, davanti a cui si celebra il troncone ordinario del processo a carico di Falsone e altri otto imputati, si sono riservati di decidere. Falsone, in questo procedimento, è accusato di associazione mafiosa. Il boss di Campobello di Licata – secondo l’accusa – avrebbe continuato a gestire i clan facendo veicolare all’esterno messaggi e direttive attraverso l’avvocato Angela Porcello, compagna di Giancarlo Buggea.
Gli altri imputati oltre a Falsone sono: Antonino Chiazza, 51 anni, di Canicattì; Pietro Fazio, 48 anni, di Canicattì; Santo Gioacchino Rinallo, 61 anni di Canicattì; Antonio Gallea, 64 anni di Canicattì; Filippo Pitruzzella, 60 anni, ispettore della polizia in pensione; Stefano Saccomando, 44 anni di Palma di Montechiaro; Calogero Lo Giudice, 47 anni di Canicattì e Calogero Valenti, 57 anni, residente a Canicattì.
In aula ieri è comparso, per proseguire l’esame cominciato due settimane fa, il colonnello del Ros Lucio Arcidiacono, l’ufficiale che lo scorso 16 gennaio ha arrestato il superlatitante Matteo Messina Denaro. Arcidiacono, rispondendo alle domande del sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo Claudio Camilleri, ha ripercorso i passaggi salienti dell’indagine e soffermandosi in particolare sulla figura di Antonino Chiazza.
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