L’inchiesta su appalti pilotati: i due imprenditori ai domiciliari, misure cautelari più lievi per le donne
Il Gip del Tribunale di Agrigento, Giuseppa Zampino, ha deciso di non convalidare gli arresti, ma ha disposto la detenzione domiciliare per i due imprenditori favaresi coinvolti nell’inchiesta, Luigi Sutera Sardo (58 anni), difeso dall’avvocato Maria Alba Nicotra, e Diego Caramazza (44 anni), che lasciano il carcere. Per le due donne, Carmela Moscato (65 anni) e Federica Caramazza (36 anni), rispettivamente madre e figlia, è stato imposto l’obbligo di dimora, poiché si trovavano ai domiciliari. I quattro indagati sono coinvolti in un’inchiesta su presunti appalti pilotati, in cambio di “mazzette”.
La decisione del Gip Zampino è arrivata dopo la richiesta di convalida avanzata dal procuratore capo Giovanni Di Leoe dal sostituto Rita Barbieri. Da ricordare che il procuratore capo di Gela, Salvatore Vella, ha deciso di non chiedere la convalida dell’arresto per il quinto indagato, l’ingegnere Sebastiano Alesci (65 anni), dirigente dell’UTC di Licata, ritenendo che mancassero gli elementi di flagranza di reato a suo carico. Alesci, inizialmente posto agli arresti domiciliari, è stato quindi rimesso in libertà, con la trasmissione degli atti alla Procura di Agrigento, titolare del fascicolo.
Gli indagati complessivamente sono 13 e le accuse vanno da associazione a delinquere, corruzione, ricettazione, peculato e turbativa d’asta. In particolare, Alesci è stato trovato in possesso di una somma di 17.500 euro in contante, ritenuta il provento di tangenti. La sua posizione è stata definita centrale in un “sistema” criminale consolidato, insieme a un altro soggetto indicato come “omissis”, la cui identità ha generato numerose speculazioni.
Le indagini della squadra mobile di Agrigento hanno portato al sequestro di oltre 200 mila euro in contante, somma che sarebbe stata utilizzata per pagare le mazzette legate agli appalti pubblici “pilotati” e “dirottati” verso imprese amiche. Il sequestro di questa ingente somma di denaro ha costituito la prova di numerosi episodi di corruzione, che hanno fatto scattare le manette in flagranza di reato. Le irregolarità sono emerse grazie alle segnalazioni dell’ANAC sul mancato avvio di opere pubbliche fondamentali per la città.
Tra gli appalti finiti nel mirino degli investigatori, uno dei principali è lo stralcio della nuova rete idrica del Comune di Agrigento, dal valore di oltre 37 milioni di euro. Secondo l’accusa, Sebastiano Alesci, Giuseppe Capizzi, Giovanni Campagna e un altro soggetto indicato come “omissis” avrebbero truccato la gara. Capizzi avrebbe costituito il Consorzio Della, presentando, con la complicità di Alesci e di altri pubblici funzionari agrigentini, un’offerta economica al ribasso di oltre il 30%, considerata dai magistrati inidonea ad assicurare la concreta esecuzione dei lavori. Questa offerta, pur non essendo in grado di garantire la realizzazione dei lavori, ha portato al rinvio dell’inizio dei lavori. A pagarne le conseguenze, come sottolineato nella relazione, sono stati i cittadini, costretti a convivere con i rubinetti a secco.
Il nome coperto da “omissis” potrebbe riferirsi a un indagato eccellente che sta collaborando con i magistrati o a una persona su cui sono in corso ulteriori accertamenti. Tuttavia, le indagini non si fermano qui: tra i lavori sotto indagine ci sono anche la manutenzione straordinaria della strada provinciale 19 Salaparuta-Santa Margherita di Belìce (2,4 milioni di euro), la riqualificazione e ristrutturazione dello stadio “Dino Liotta” di Licata e la realizzazione dell’impianto di trattamento dei rifiuti a Ravanusa (20,4 milioni di euro).
L’inchiesta, che prosegue con l’obiettivo di fare chiarezza su un sistema di appalti che rischia di compromettere seriamente lo sviluppo della città, si sta concentrando su responsabilità individuali e mala gestione che hanno portato a una situazione di stallo, con danni economici e sociali per l’intera comunità.
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