
Leonardo Sciascia e Mons. Angelo Ficarra: quando il pensiero laico, si incontra con quello ecclesiastico. Proprio così, quello che è avvenuto tra due grandi personalità: tra il grande scrittore Leonardo Sciascia ed il grande vescovo mons. Angelo Ficarra, del quale in questi giorni si è tornato a parlare, nella ricorrenza dell’anniversario della sua consacrazione a Vescovo di Patti.
Consacrazione dell’illustre canicattinese, avvenuta nella Cattedrale di Agrigento il 22 novembre 1936. Canicattì ha voluto ricordare questo anniversario della consacrazione dell’illustre concittadino, al centro culturale San Domenico. Un incontro, molto partecipato, che ha visto gli interventi dell’Arciprete Don Nazzareno Ciotta, del prof. Gaetano Augello e dell’architetto Massimo Muratore.
E’ a tutti nota la travagliata vicenda umana ed ecclesiale di Mons. Ficarra; una vicenda ripresa e rilanciata in una delle opere di Leonardo Sciascia, diventata forse la più letta, famosa e conosciuta, cioè “Dalla parte degli infedeli”, di cui noi anche recentemente ci siamo anche noi occupati in questo nostro “Angolo” .
Leonardo Sciascia un laico. E che laico ! sicuramente di non bassa lega. ma di alta, proprio alta qualità. Mons. Angelo Ficarra un Vescovo, un ecclesiastico di spiccata sensibilità umana e grande, proprio grande caratura culturale e spirituale.
Come scrive il prof. Gaetano Augello,: “Sciascia trovò delle assonanze tra le sue Feste religiose in Sicilia e le Meditazioni vagabonde del Ficarra”. Sciascia, osservando come si svolgevano le feste in Sicilia, sosteneva la tesi di una sostanziale refrattarietà dei siciliani all’impegno sui veri valori della religione cristiana. Perciò nel suo librosulle “Feste religiose in Sicilia”, lui stesso riferiva questo giudizio : “…non fu gradito ai più: “…non fu apprezzato a sinistra e si ebbe il disdegno della destra”.
Il pensiero di Sciascia sulle feste in Sicilia è in sintonia – sostiene il prof. Augello – con le Meditazioni vagabonde che è stato il titolo con cui il giovane prete Angelo Ficarra pubblicò una quarantina di articoli, dal 7 febbraio 1909 al 30 giugno 1914, sul Lavoratore, un quindicinale fondato da don Nicolò Licata, arciprete di Ribera e protagonista con Luigi Sturzo e Michele Sclafani del movimento politico-sociale cattolico siciliano precursore del Partito Popolare Italiano. Anche l’opera di quel giovane prete, poi Vescovo, non fu apprezzata, nemmeno negli ambienti curiali. Anzi, proprio negli ambienti curiali fu tenuta in oblio e poté essere pubblicata soltanto postuma. (Angelo Ficarra, Le devozioni materiali: Psicologia popolare e vita religiosa in Italia, Palermo, Edizioni La Zisa, 1990) Nei quaranta articoli, il Ficarra, allora giovane prete e quindi vicario cooperatore dell’arciprete Licata, condannava con forza le modalità paganeggianti di molte feste siciliane, vere e proprie continuazioni delle antiche feste dionisiache rurali; il feticismo praticato verso talune immagini di santi; lo spagnolismo di tante cerimonie e tradizioni e l’uso di musiche, “marce ed ariette più o meno lascive ed invereconde” (Il Lavoratore, Anno VIII, Ribera, 7 novembre 1909). Il Ficarra parlava di “materialismo religioso” e di “materializzazione dell’idea religiosa”, e sosteneva la tesi di un popolo siciliano tutt’altro che cristiana. Scriveva infatti: “Quante scorie e quante miserie in questa povera anima siciliana, nei cui strati più profondi freme e si agita tuttora il greco idolatra e il romano superstizioso, il musulmano sensuale e lo spagnolo sfarzoso” (Il Lavoratore, Anno VIII, Ribera, 22 ottobre 1909). “La vita religiosa del nostro popolo” aggiungeva “è ammalata, profondamente inquinata” (Il Lavoratore, Anno VIII, Sciacca, 2 maggio 1909).Queste considerazioni sono giudicate dal prof. Augello e non solo “….anticipatrici di una concezione della religiosità davvero moderna ed alcune pubbliche prese di posizione che il Ficarra adottò in anni successivi determinarono in Leonardo Sciascia un sentimento di profondo rispetto ed oserei dire una qualche affinità spirituale”.
Per concludere, a commendo di tutto il travaglio che denuncia la vicenda umana ed ecclesiale di questo Vescovo, alla fine col titolo di “arcivescovo di Leontopoli” “dalla parte degli infedeli”, piace ricordare una frase detta da Monsignor Ficarra, in riferimento alle varie vicissitudini che hanno segnato la sua vita, quando si è ritirato in silenzio nella sua città natale. Una frase rimasta giustamente famosa e che spesso trovo ricordata : “Anche da Canicattì si può andare in Paradiso”.
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