Camiciotto estivo e aria rilassata, per Michele Guardì, il regista televisivo che in questi giorni è tornato ad Agrigento, nella sua casa alla Bibbirrìa da dove si domina, con la vista, il centro storico, la valle dei templi e il mare, è tempo di vacanze. Un periodo di relax in attesa, in autunno, di ripartire, per il 31° anno consecutivo, alla guida del suo programma storico della Rai, “I fatti vostri”, sicuramente il più longevo dei programmi meridiani d’intrattenimento anche in Europa. “Me l’hanno copiato in Francia e in Spagna – dice Guardì che ha compiuto 78 anni proprio in questi giorni – senza però riuscire a raggiungere i nostri risultati. Non hanno capito che l’anima del programma non sono solo le interviste, le rubriche o il gioco, ma è l’umanità che deve stare dietro ogni momento della trasmissione.”
–A questa “umanità” dà voce il Comitato?
“Certo – risponde – facendo da spalla ai conduttori senza mai sopraffarli, ma con quelle notazioni nelle quali si riconoscono i nostri telespettatori. Dopo un certo periodo di silenzio quest’anno il Comitato tornerà a farsi sentire”.
Anche al Comitato si deve il successo de “I fatti vostri”. Un successo un po’ tutto agrigentino, perché, Michele Guardì a parte, fra gli autori, anzi a capo del gruppo, c’è la “giurgintana” Giovanna Flora, nipote del maestro Pippo Flora che ha firmato le musiche di quei “Promessi Sposi” che altre soddisfazioni hanno dato a Guardì.
Quest’anno tante novità nella trentunesima edizione dei “Fatti Vostri”. Giancarlo Magalli, impegnato sempre su Raidue in un quiz pomeridiano, lascia lo scettro al giornalista siciliano Salvo Sottile e alla new-entry Anna Falchi. “Con Giancarlo abbiamo lavorato bene per tanto tempo – spiega Guardì. – Quello di quest’anno è normale avvicendamento com’è sempre avvenuto. E Salvo è un nuovo personaggio sul quale conto molto! Però adesso siamo ad Agrigento e sono in ferie; possiamo parlare d’altro?” – chiede Guardì, che in età giovanile pensava di fare il giornalista.
Dopo il successo del suo primo romanzo “Fimminedda” (editore Sperling&Kupfer) ambientato da queste parti e dove Michele Guardì attinge ai suoi ricordi di giovane avvocato e racconta, con sguardo ironico e carico di profonda umanità, una storia (quasi) vera sullo sfondo di una Sicilia che guardava al futuro, ma che restava fatalmente ancorata al passato e alle sue tradizioni, ecco pronto il suo secondo lavoro.
“Ho appena finito di scrivere il nuovo romanzo; s’intitola “Il polentone”. Sto rivedendo l’ultima stesura prima di passarla all’editore. E’ la storia di un continentale, un funzionario della Democrazia Cristiana, che arriva in Sicilia negli Anni 60 mandato dalla direzione centrale del partito, (ai tempi c’era Amintore Fanfani) per mettere ordine nelle cose locali gestite da una senatrice “maneggiona” che ebbe l’abilità di circuire e poi sposare il funzionario lasciando che le coserestassero come prima”.
Il secondo libro si ispira a quella vicenda e ambienta una storia simile in un piccolo paese, con una sindachessa al posto della senatrice. “Il tutto di svilupperà con inaspettate sorprese che capovolgeranno la vecchia fissazione che vuole la furbizia come capitale genetico esclusivo dei siciliani.
“Polentone, in questo caso, più che un diminutivo diventa un complimento”.
Il primo libro è andato bene e pare che Guardì stia pensando anche ad un trattamento per la tv. “La tv però – prosegue Guardì – è solo uno dei miei momenti: poi c’è tanto altro nella mia vita, c’è la famiglia, la scrittura, il teatro … Sono alle prese con una nuova commedia, il “Caso Tandoj” che porterò in scena a fine anno”. Anticipa l’autore e regista di aver appena terminato di scrivere una commedia in due atti sul “Caso Tandoj”, il commissario di polizia, ex capo della Squadra Mobile di Agrigento, assassinato da killer mafiosi con quattro colpi di pistola, al viale della vittoria la sera del 30 marzo 1960 mentre rincasava con la bella moglie, Leila Motta.
“Questa commedia, – spiega l’avvocato Guardì – scritta sulla base degli Atti giudiziari di cui con il tempo sono riuscito ad acquisire copie, i cui attori stiamo scegliendo proprio in queste settimane, verrà prodotta dalla società di produzioni teatrali dell’agrigentino Francesco Bellomo e vedrà il debutto a fine anno al Teatro Pirandello di Agrigento. Poi, partire, dai primi di gennaio 2022, debutteremo a Roma alla Sala Umberto, per poi partire per un tour nei maggiori teatri italiani”.
– Di che cosa si tratta? Potrebbe diventare una commedia antimafia? “
“La commedia verte sul clamoroso errore giudiziario, quello che portò in carcere per nove mesi da innocente, il professor Mario La Loggia, stimato professionista medico, primario dell’ospedale psichiatrico, arrestato e incarcerato (si fece nove mesi di galera prima di essere riabilitato) in quanto sospettato di essere l’autore del delitto del commissario di polizia, per via della moglie di quest’ultimo che era l’amante della vittima. Commedia intensa in cui l’autore, in teatro, dialoga con tutti i protagonisti della vicenda in specialmodo con il Procuratore della Repubblica che di fatto, all’epoca, piuttosto che seguire il filone d’indagine che portava alla mafia, preferì privilegiare la pista del sesso e dell’intrigo amoroso: quello che in conferenza stampa, all’epoca pronunciò, storpiando il francese la frase “Cherchez la femme!”.
Ambientato in una mansarda, l’autore – attore incontra i vari personaggi della commedia dialogando con loro per giungere a delle conclusioni sul potere giudiziario. “La commedia si conclude con la voglia dell’autore di rileggere questa storia attraverso gli Atti giudiziari per far capire ciò che accadde realmente in quel preciso periodo storico e che sconvolse non poco la tranquilla vita città di questa città di provincia.
-Anche qui una morale?
“Certamente – dice Michele Guardì. – Questa è una commedia che ci porta a riflettere sul fatto che un uomo ricco, forte e potente può diventare una canna al vento quando il potere giudiziario si accanisce ingiustamente contro. Il professor La Loggia, una volta riabilitato e tornato a dirigere l’ospedale psichiatrico, fu colui che fece affiggere all’ingresso del manicomio quella famosa lapide marmorea che dice testualmente: “Qui non tutti ci sono e non tutti lo sono!”.
Tra pomeriggi in campagna a Casteltermini e serate in città tra gli amici di sempre, come impiegherà il tempo Michele Guardì durante questi giorni di vacanza agrigentina?
“Intanto “provinando” gli attori di questa nuova commedia che ho scritto su Tandoj, poi seguirò attentamente la revisione definitiva del mio romanzo e mi godrò finalmente la mia Agrigento. Prenderò parte come ogni anno ai festeggiamenti in onore di San Calogero. Lo scorso anno, purtroppo, a causa della pandemia, mi è mancata fisicamente la vicinanza con la statua del Santo. Quest’anno spero vada meglio. Andrò alle celebrazioni che si faranno in piazza Stazione a ri-trovare fisicamente il “mio” santo nero. L’aveva già detto prima di me, l’amico Andrea Camilleri (“quanti ricordi in quel suo ufficio di casa sempre “annebbiato” dal fumo”): “Il mio paradiso è da sempre deserto, privo di santi – diceva – ma a mia, San Calogero mi piace assai!”.
LORENZO ROSSO
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