Ha scelto il rito abbreviato uno dei tre imputati al processo scaturito dall’inchiesta sulla morte di Roberto Di Falco, il 38enne di Palma di Montechiaro, rimasto ucciso lo scorso 28 febbraio a conclusione di una sparatoria avvenuta nel piazzale di una rivendita di auto al Villaggio Mose’. Si tratta del quarantunenne Calogero Zarbo, che nei mesi scorsi ha parzialmente collaborato con gli inquirenti facendo ritrovare la pistola semiautomatica ritenuta l’arma del delitto. Il processo per lui proseguirà il prossimo 16 maggio con la requisitoria del pubblico ministero. Gli altri due Angelo Di Falco, 39 anni, fratello della vittima e Domenico Avanzato, 36 anni, invece, formalizzeranno la strategia processuale non appena le difese conosceranno le motivazioni, depositate lo scorso 18 marzo, con le quali la Cassazione ha accolto il ricorso della Procura di Agrigento sulla fase cautelare del procedimento.
Per loro è stato disposto un rinvio all’8 aprile quando i difensori sceglieranno il rito. Il figlio del titolare della concessionaria si è costituito parte civile. Il pubblico ministero Gaspare Bentivegna, aveva chiesto il rinvio a giudizio per i tre imputati con l’accusa di omicidio volontario. Secondo il magistrato fu la conseguenza di un “omicidio per errore”. Zarbo, nelle settimane scorse, ha fatto ritrovare la pistola e l’atteggiamento collaborativo gli è servito per ottenere gli arresti domiciliari. La ricostruzione dell’episodio e’ particolarmente complessa ma Procura, Gip e Tribunale del Riesame sono d’accordo su un punto centrale: Roberto Di Falco e’ stato ucciso dopo che il commerciante di auto, che lo avrebbe truffato facendo degli acquisti con degli assegni scoperti, aveva reagito a un brutale pestaggio da parte dello stesso Di Falco, del fratello e di due amici che sarebbero partiti da Palma col proposito di pestarlo e, parrebbe, ucciderlo a colpi di pistola.
Il rivenditore di auto, vittima del pestaggio, quando avrebbe visto spuntare la pistola, con una mossa fulminea l’avrebbe spostata deviando il colpe sull’addome di Roberto Di Falco. Secondo la Procura ma anche per il gip Giuseppe Miceli, che ha firmato l’ordinanza cautelare, si sarebbe trattato di “omicidio per errore”. Il Tribunale del Riesame, pero’, ha riqualificato il reato diversamente sul piano giuridico. La spedizione punitiva finita male, in sostanza, si sarebbe conclusa con un omicidio da parte del commerciante che, pero’, non sarebbe punibile in quanto avrebbe agito per legittima difesa.
I giudici, tuttavia, hanno confermato la custodia cautelare in carcere per tutti per l’accusa di tentato omicidio ai danni del figlio del titolare della rivendita di auto, al quale Angelo Di Falco avrebbe provato a sparare dopo che il fratello era caduto per terra in seguito al colpo ricevuto, e per quella di detenzione illegale di arma. La vittima designata, in questo caso, si sarebbe salvata per l’inceppamento dell’arma. La difesa degli imputati ha sempre sostenuto che i quattro palmesi siano andati a Villaggio Mosè per picchiare il titolare e le immagini della video sorveglianza lo mostrano con chiarezza, e che lo stesso abbia tirato fuori la pistola, e abbia fatto fuoco, uccidendo Roberto Di Falco.
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