Il tribunale del Riesame di Palermo ha annullato la custodia cautelare in carcere per Angelo Di Falco, 39 anni, Calogero Zarbo, 41 anni e Domenico Avanzato, 37 anni, tutti di Palma di Montechiaro, per la morte del trentottenne palmese Roberto Di Falco, rimasto ucciso lo scorso 28 febbraio con un colpo di pistola nel piazzale di una rivendita di auto al Villaggio Mosè. È stata accolta la tesi prospettata dai legali difensori degli indagati, secondo i quali, non ci sarebbe stata alcuna intenzionalità da parte della vittima designata.
Al momento Angelo Di Falco, Zarbo e Avanzato rimangono detenuti, poiché indiziati in concorso di tentato omicidio e porto e detenzione di arma da fuoco. A seguito di chiusura delle indagini, le difese, dopo l’attento esame degli atti processuali, stanno valutando l’opportunità di sottoporre i propri assistiti a interrogatorio di garanzia, al fine di consentire loro di chiarire la complessa vicenda processuale. Quindi non sarebbe stato “omicidio per errore”.
La ricostruzione dell’episodio è particolarmente complessa ma Procura, Gip e Riesame sono d’accordo su un punto centrale: il 38enne è stato ucciso dopo che il commerciante di auto, aveva reagito a un brutale pestaggio da parte dello stesso Di Falco, del fratello e di due amici che sarebbero partiti da Palma col proposito di pestarlo e sparargli. Il venditore di auto, vedendo la pistola, con una mossa fulminea l’avrebbe spostata deviando il colpo sull’addome del palmese, rimasto ucciso.
Il fatto è avvenuto nel piazzale del negozio mentre il titolare, secondo la ricostruzione dei fatti, si trovava all’interno di un’auto. I giudici del Riesame, comunque, hanno confermato la custodia cautelare in carcere per i tre indagati per l’accusa di tentato omicidio ai danni del figlio del titolare della rivendita di auto, al quale Angelo Di Falco avrebbe provato a sparare dopo che il fratello era caduto per terra in seguito al colpo ricevuto, e per quella di detenzione illegale di arma. La vittima designata, in questo caso, si sarebbe salvata per l’inceppamento dell’arma.
La difesa ha sempre sostenuto che i quattro palmesi siano andati a Villaggio Mosè per picchiare il titolare e che lo stesso abbia tirato fuori la pistola (mai ritrovata) e abbia fatto fuoco, uccidendo Roberto Di Falco.