Emergono altri particolari sulla maxi operazione dei finanzieri dei Comandi provinciali di Agrigento e Verona, insieme ai carabinieri del capoluogo veneto che hanno eseguito all’alba di oggi, in Veneto, Lazio e Sicilia, un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del tribunale scaligero nei confronti di 10 soggetti, 3 dei quali condotti in carcere e 7 agli arresti domiciliari. A questo si aggiunge un sequestro di beni per un valore superiore ai 5 milioni di euro. Apposti i sigilli anche a conti correnti, autovetture, immobili nonché a una società, a un hotel, a due pasticcerie, a due ristoranti e ad un locale sul lungolago gardesano. L’accusa nei confronti degli indagati è quella di aver fatto parte di un’associazione per delinquere che si sarebbe impegnata per portare a termine truffe finalizzate ad incassare contributi del “Bonus facciate” anche se non dovuti.
Le indagini, frutto di una convergenza investigativa, hanno avuto un parallelo avvio, tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022 nella provincia di Agrigento ad opera dei finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria del capoluogo siciliano e sul territorio gardesano ad opera dei militari dell’Arma di Peschiera del Garda. In particolare, le Fiamme gialle agrigentine coordinate dalla Procura della Repubblica della città dei templi, nell’ambito di un vasto contesto investigativo, avevano intercettato alcune conversazioni telefoniche, di contenuto criptico, da cui però emergevano operazioni aventi ad oggetto transazioni finanziarie collegate alla cessione di crediti fiscali provenienti da “bonus edilizi”. Gli approfondimenti operati della Guardia di Finanza nei confronti dei soggetti indagati disvelavano infatti un articolato meccanismo fraudolento che si estendeva ben oltre i confini siciliani e che stava inquinando l’economia del territorio scaligero.
L’associazione a delinquere, che operava su gran parte del territorio nazionale, aveva base nel comune di Peschiera del Garda (Verona) e nell’area bresciana del Lago di Garda dove gli indagati, di origine siciliana, calabrese, campana e albanese – avvalendosi della professionalità di un commercialista attivo nella Provincia di Treviso – dopo aver monetizzato, attraverso la cessione a Poste Italiane Spa, circa 5 milioni di crediti d’imposta fittizi provenienti dal “bonus facciate”, avevano reinvestito e riciclato i proventi della imponente truffa ai danni dell’Erario acquistando locali turistici e commerciali sul lago.
Parallelamente, i carabinieri del Comando Compagnia di Peschiera del Garda stavano procedendo con autonome indagini nei confronti di alcuni soggetti da poco insediatisi nell’area gardesana, che, evidenziando una consistente e anomala disponibilità finanziaria, stavano concludendo frenetiche operazioni di acquisto di strutture turistiche e attività commerciali sulla sponda sud occidentale del Lago di Garda. La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Verona, interessata dai Carabinieri veronesi e dai magistrati agrigentini, disponeva pertanto una sinergia investigativa delegando le indagini sull’intero contesto ai Carabinieri della Compagnia di Peschiera del Garda e ai Finanzieri del Nucleo di Polizia Economico finanziaria di Verona, così valorizzando le specifiche competenze delle due Forze di polizia.
Le correlate investigazioni hanno infatti permesso ai finanzieri e ai carabinieri veronesi di portare a piena luce un meccanismo illecito, sviluppatosi mediante plurime condotte fraudolente, ad opera di una compagine criminale che ha creato ad arte i presupposti per la comunicazione all’Agenzia delle Entrate di oltre 17 milioni di euro di crediti d’imposta inesistenti in relazione ai “bonus facciate”. Gli accertamenti hanno fatto emergere che all’origine delle catene di cessione dei crediti fittizi vi erano svariate decine di persone fisiche che risultavano aver dichiarato (nella maggioranza dei casi inconsapevolmente) di avere effettuato lavori di ristrutturazione edilizia delle facciate esterne (così acquisendo il diritto alla detrazione del relativo importo pari al 90% della spesa che avrebbero dovuto sostenere) e di aver poi comunicato di aver ceduto i relativi crediti a terzi.
Successivamente le pratiche, per centinaia di migliaia di euro, venivano trasmesse, per conto degli ignari titolari, ad opera di un commercialista residente nella provincia di Treviso, previo concerto ed in accordo con gli altri membri del sodalizio criminale. I crediti d’imposta così originati venivano ceduti a società e imprese individuali, tutte riconducibili agli indagati, direttamente o indirettamente, le quali (a loro volta) li cedevano a Poste italiane Spa (inconsapevole della frode e indotta in errore) per un importo complessivo pari a circa 5 milioni di euro monetizzandoli in denaro utilizzabile a tutti gli effetti. Il denaro ottenuto illegalmente come controvalore dei crediti veniva trasferito su conti esteri (soprattutto spagnoli) per poi rientrare nella disponibilità del sodalizio che lo ha utilizzato per acquistare attività economiche ovvero un hotel, due bar, due pasticcerie, due ristoranti sul Lago di Garda nonché abitazioni ad uso residenziale e varie quote di società.