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Home » dalla città » La rete marcia degli appalti, Di Leo: ‘Non ci fermeremo’

La rete marcia degli appalti, Di Leo: ‘Non ci fermeremo’

24 Maggio 2025
in dalla città, Cronaca, Top
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Appalti truccati, nuova misura per l’ex capo dell’Ufficio tecnico di Licata. La Procura: “Sistema diffuso, ma non ci fermeremo”

AGRIGENTO – Si amplia l’inchiesta sugli appalti pubblici “truccati” in provincia di Agrigento. In una nota diffusa alla stampa, il procuratore capo Giovanni Di Leo fa il punto su un’indagine che ha già portato a quattro misure cautelari a Favara per reati di corruzione propria e altri illeciti legati a gare pubbliche.

La novità delle ultime ore riguarda l’ex capo dell’Ufficio tecnico di Licata, Sebastiano Alesci, 65 anni, destinatario di una nuova misura cautelare agli arresti domiciliari, notificata dalla Squadra Mobile della Questura di Agrigento su disposizione del Gip. Alesci era già stato arrestato nei giorni scorsi, ma rimesso in libertà dal procuratore capo di Gela, Salvatore Vella, che non aveva chiesto la convalida dell’arresto per “mancanza di flagranza”.

“L’indagine va avanti da circa un anno e non è ancora conclusa – precisa Di Leo – ed è necessario chiarire alcuni aspetti, anche per correggere valutazioni pubbliche non sempre fondate sui dati reali”.

Il procuratore sottolinea come la complessità delle indagini renda inadeguati i tempi attualmente previsti per le intercettazioni, nonostante le modifiche recenti del codice di procedura penale.

“I tempi dell’amministrazione pubblica sono lunghi e, in ogni fase, possono insinuarsi fenomeni devianti. Le intercettazioni restano uno strumento indispensabile per scoprire reati come quelli in esame, dove non è realistico pensare che corrotti o corruttori si autoaccusino o vengano denunciati da terzi”.

Di Leo punta anche il dito contro il vuoto normativo lasciato dall’abolizione del reato di abuso d’ufficio, definendolo un “reato-spia” che spesso consentiva di avviare inchieste più ampie:

“Il quadro normativo attuale sembra disegnato per garantire un’impunità di fatto. Ma finché il reato di corruzione esiste nel nostro ordinamento, la Procura ha il dovere costituzionale di indagare e far rispettare la legge”.

Appalti, fondi e ritardi: il caso Agrigento

La Procura interviene anche sul caso del rifacimento della rete idrica di Agrigento, specificando che i lavori erano stati finanziati già nel 2015 con il “Patto per la Sicilia”, e che i ritardi non sono certo imputabili alle indagini in corso.

“Ad oggi – sottolinea Di Leo – i lavori sono stati formalmente consegnati all’impresa vincitrice nel 2023, ma in cantiere ci sono pochi operai e un escavatore. Non c’è stata alcuna interferenza della magistratura, ma solo ritardi cronici nella gestione amministrativa”.

Appalti pilotati e sistema opaco

Nel mirino della Procura anche altri appalti, come quello per il Centro di raccolta rifiuti di Ravanusa, bandito nel 2022 “con urgenza” e con tempi di partecipazione molto ristretti: appena 22 giorni, di cui 18 lavorativi.

“Altri appalti non ancora banditi sono già oggetto di interesse da parte dei soggetti indagati per associazione a delinquere. Il giudice, finora, non ha ritenuto sussistenti gravi indizi di colpevolezza, ma le indagini proseguono”.

Secondo Di Leo, al centro del sistema ci sarebbero figure politiche, tecniche e amministrative già note e attive nel territorio:

“Abbiamo attivato ogni struttura istituzionale per evitare perdite di finanziamenti, blocchi dei lavori e ulteriori danni per la cittadinanza, che già oggi assiste a reti idriche colabrodo, rifiuti in strada e discariche abusive”.

Un appello alla città della cultura

Nel concludere, il procuratore lancia un appello al senso civico:

“L’attività della Procura e della Polizia di Stato è onerosa, discreta e ancora all’inizio. Auspichiamo la collaborazione di chi sa ma ha finora taciuto: imprenditori, politici, professionisti. Agrigento è Capitale Italiana della Cultura, e questa cultura dovrebbe includere anche la legalità”.


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Tags: Arrestoinchiestatangenti
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