Il notaio Andrea Bartoli, catanese cinquantenne trapiantato a Favara in provincia di Agrigento, insieme a Florinda, compagna di vita e complice di tutte le sue iniziative, ha dato alla luce, la Farm Cultural Park, un Centro Culturale indipendente, invitato più volte alla Biennale di Architettura di Venezia e pubblicato su importanti media nazionali ed internazionali. A questa coppia di siciliani che hanno inventato un modo nuovo per promuovere il proprio paese, abbiamo chiesto di raccontarci del loro straordinario rapporto con il Territorio. “Potremmo rispondere – dicono – con il nome del progetto culturale di Farm Cultural Park per la stagione 2024-2025, che prende a prestito una citazione di Pino Caruso: “In Sicilia abbiamo tutto, ci manca il resto!”
Racconta Florinda Saieva: “Nel 2008 abbiamo deciso di lasciare Parigi e ritornare in Sicilia; ci eravamo promessi con Andrea che avremmo fatto l’impossibile per migliorarla e non c’è stato un giorno in questi ultimi quindici anni in cui non abbiamo onorato quella promessa. A Favara ieri, a Mazzarino oggi. Se Dio vorrà in tanti altri posti nei prossimi anni”.
A Florinda fa eco il notaio Bartoli: “Abbiamo la grande responsabilità di cambiare il racconto di tanti nostri coetanei, dei nostri genitori, dei nostri nonni per cui:” se vuoi farcela nella vita, dalla Sicilia te ne devi andare”. Questa narrazione è stata, e continua ad essere, una disgrazia. A Carla e Viola, le nostre figlie, abbiamo aperto le porte del mondo, e nonostante la loro giovane età, si stanno già nutrendo del mondo, della sua ricchezza e della sua diversità, ma loro sanno bene che in qualunque momento possono ritornare e stare a Favara, a Mazzarino o nel paesino più piccolo dei meravigliosi Monti Sicani ed essere felici”.
–Cosa vi affascina maggiormente di questa terra tanto da rendervi così ottimisti?
“Ci piacciono le Isole – rispondono d’un fiato. – In particolare Favignana, Linosa e Isola Catania a Palazzo Biscari, ci piace la Scala dei Turchi magari a bordo della Rowena della Crew Lopez, le serate d’estate al Giardino della Kolymbethra, i libri di Simonetta Agnello e di Gaetano Savatteri, le sculture di Giuseppe Agnello, le tele di Giuseppe Veneziano, gli Archi di Pane San Biagio Platani, Racalmuto, Sciascia e gli amici della Strada degli Scrittori, ci piace Sciacca e il Museo Diffuso 5 sensi. Ci piacciono “i crudi” del Pescatore, la granita di gelsi dell’Eden Bar di Acitrezza, la spiaggia della Torre di Manfria, il Teatro Andromeda, Sicilia Buttanissima di Pietrangelo Buttafuoco, Giarre Capitale delle opere incompiute/non finite, il Cantico di Librino del Maestro Antonio Presti, il Monte degli Ulivi di Riesi, Roy Paci, i film di Salvo Cuccia su Netflix, Palazzo Alberti a Mazzarino. Ci piace, il Cretto di Burri, la piazza di Poggioreale, l’Amaro Averna, lo spazio Pitta a Caltanissetta e Periferica a Mazzara del Vallo, l’orto e il circo di Danisinni a Palermo e il quartiere di San Berillo a Catania e moltissime altre cose ancora”.
–Dopo questa “valanga” di citazioni, ora il rovescio della medaglia: che cosa non vi va proprio giù della Sicilia?
“Non ci piacciono i nichilisti, quelli che continuano a parlare della “Sicilia del Gattopardo”, gli impossibilisti, i burocrati, la spazzatura da tutte le parti, il “giallo Soprintendenza”, i condomini, le insegne dei negozi locali. Da quando siamo nati, salvo rare eccezioni, non ci piace chi ci governa e chi ci amministra: una vera e propria nemesi, una maledizione purtroppo senza fine. Non ci piace la Mafia ma non solo quella che credono sia la Mafia le persone che non vivono in Sicilia, ma quella che conosciamo tutti noi che viviamo in Sicilia. Non ci piacciono le commemorazioni, non ci piace l’ipocrisia legata alle parole “legalità” e “antimafia”. Non ci piace l’ignoranza ma non quella pura e innocente ma quella di chi si crede colto, non ci piacciono quelli (e talvolta quelle) che hanno comportamenti maschilisti, i convegni, le riunioni, i cda fatti da soli uomini, non ci piace la “formazione regionale” una vera vergogna, non ci piace come vengono investite le risorse, non ci piace che i fondi europei spesso vengano rimandati indietro per incapacità di amministrarli, non ci piace che continuino ad essere finanziate “sagre della salsiccia” ed enti ed organizzazioni fasulle, non ci piace questa cazzo di rassegnazione di troppi siciliani, non ci piace chi continua ad avere paura della mafia, della politica, della magistratura e non ci piace chi in qualsiasi modo e in qualsiasi ruolo prevarichi o provi a farlo su chi è più debole. Non ci piace che la Sicilia non abbia un progetto, che nessuna classe politica passata e presente e temiamo neanche futura abbia dato una visione di quello che potremmo essere, di quello che potremmo diventare, ossia una delle regioni più ricche, cosmopolite e divertenti del mondo”.
-Insomma in tutti questi anni la Sicilia è cambiata sì o no?
“Nel pubblico diremmo che siamo da decenni in una situazione di “moribonda stabilità”. Le Città grandi e piccole, non solo in Sicilia, sono ufficialmente fallite. Dissesto dopo dissesto. Purtroppo non sono fallite solo economicamente ma anche da un punto di vista funzionale, non riescono a costruire il futuro dei cittadini. La Regione? Uguale. Nel privato, probabilmente per sopravvivere all’inerzia pubblica, nonostante tutte le difficoltà, sono stati fatti passi da gigante. In tema di rigenerazione urbana e innovazione sociale, la Sicilia è oggi una delle regioni con più player e capacità di impatto di qualsiasi altra parte del Paese. Non resta che cambiare i ruoli con una “piccola rivoluzione pacifica dal basso”. Potere al Privato in una nuova dimensione Pubblica. Nonostante ventimila giovani lascino la Sicilia ogni anno e tutti si lamentino di quello che non c’è e quello che non funziona, le banche esplodono di denaro. A Favara si stima ci siano almeno 500 milioni di euro in depositi bancari. A Gela un miliardo e mezzo. A Caltanissetta circa 2 miliardi. Anche i paesini più piccoli hanno depositi presso le Poste e gli Istituti bancari per centinaia di milioni di euro. Basterebbe che i cittadini decidessero di investire anche solo il 10% dei loro risparmi in progetti di sviluppo pluriennale della propria città per cambiare per sempre la storia di questa meravigliosa Sicilia. Senza bisogno della Regione, dello Stato, dell’Europa, del PNRR. E poi perché mai dovremmo essere così stupidi (per non utilizzare un’altra parola) da continuare ad investire in titoli e azioni di banche, assicurazioni, società quotate in borsa che non hanno nessun interesse e nessuna attenzione per il nostro territorio? Certamente questa è una nuova utopia. Ma a Favara abbiamo iniziato a lavorare con “SpaB”, Società per Azioni buone e già ad Agrigento muove i primi passi un piccolo clone che ha l’ambizione di realizzare, con fondi privati, un aeroporto nel territorio di Licata. Se qualcuno crede ancora che sarà l’organizzazione dello Stato a cambiare la Sicilia, ci sentiremmo di dire: “Campa Cavallo…!”
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