In crescente valorizzazione il ruolo della donna nella Chiesa. San Paolo scrive a Timoteo, che ha nominato vescovo di Efeso, popolatissima capitale della provincia romana dell’Asia sulla costa occidentale per diffondere il Vangelo sia tra i pagani, perché era figlio di un greco, sia tra gli ebrei e i giudei da poco convertiti al cristianesimo, perché nato da un’ebrea, e per questo lo fece addirittura circoncidere.
Ricollegandoci al passato, ed attingendo doverosamente alla Scrittura ed alla Tradizione, dobbiamo dire che, scrivendo al suo diletto discepolo Timoteo, S. Paolo, secondo la cultura del tempo, pensa agli uomini, comandando anzitutto loro di pregare, perché testualmente dice a Timoteo: “Voglio dunque che gli uomini preghino, dovunque si trovino, alzando al cielo mani pure senza ira e senza contese”. Subito dopo aggiunge: “Alla stessa maniera facciano le donne, con abiti decenti, adornandosi di pudore e riservatezza, non di trecce e ornamenti d’oro, di perle o di vesti sontuose, ma di opere buone, come conviene a donne che fanno professione di pietà”.
Ma S. Paolo non si è fermato qui ! perché collegandosi con la cultura dominate del suo tempo, subito dopo aggiunge: “La donna impari in silenzio, con tutta sottomissione”. E ancora più grave – ( più grave giudicando naturalmente con la cultura di oggi – “Non concedo a nessuna donna di insegnare, né di dettare legge nall’uomo; piuttosto se ne stia in atteggiamento tranquillo”
Il vescovo Timoteo, “figlio diletto e fedele nel Signore” (1 Cor. 4, 17), nel governo pastorale della sua diocesi deve attenersi a queste direttive.
E Paolo rimase sempre affezionato a Timoteo per tutta la vita, sentendolo vicino nei momenti di difficoltà, di solitudine morale e di terribili prove, e lo stimò persona capace anche di rappresentarlo in circostanze delicate della vita di alcune giovani comunità cristiane (a Tessalonica, in Macedonia, a Corinto…) per correggere errori e sedare polemiche, esortandolo a insegnare “senza vane dispute”, certo dell’efficacia della divina ispirazione. Divina ispirazione che successivamente ha guidato la Chiesa a superare le difficolta sul problema della obbligatorietà della “Circoncisione”, in quello che viene considerato davvero il primo Concilio, quello di Gerusalemme, di cui si parla negli Atti degli Apostoli.
Divina ispirazione che continua nei secoli a guidare la Chiesa per mantenere davvero inalterato quello che ha un valore perenne e comprendere quello che invece pare essere, chiaramente, alla luce della ragione e della stessa sacra ispirazione, non essenziale, anzi decisamente superato dalle contingenze storiche, che portano a valorizzare sempre più e meglio la persona umana, indipendentemente dal sesso.
Perché come professiamo nel Credo, “Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo ed è morto in Croce, risorgendo glorioso il terzo giorno”.
QUESTO “Per noi uomini” abbraccia indiscutibilmente entrambi i sessi, senza quel valore gerarchico di prevalenza del sesso maschile, che ancora purtroppo qualche filone culturale, -(si spera in ormai rapida estinzione)-vorrebbe ancora mantenere.
Dopo tutti i passaggi precedenti, sempre più e meglio è stato capito il messaggio della Rivelazione sul valore della persona, indipendentemente dal sesso, pur nel più grande rispetto di quello che la natura ha affidato ai due sessi, soprattutto per il divino compito di trasmettere la vita.
Alla luce di tutto questo, valutiamo quello che è avvenuto nella Chiesa, nei andare tempi più recenti, …e recentissimi, con un’accelerazione forse umanamente inspiegabile… dal primo movimento che c’è stato nel 2018 quando, al Sinodo sui giovani, per esempio, ha potuto votare un fratello religioso, ma nessuna suora. Una petizione per chiedere che “le donne, superiori religiose, lavorino e votino, allo stesso modo”, promossa da alcune organizzazioni impegnate per la parità nella Chiesa, ha raccolto migliaia di firme, incluse quelle di vari superiori generali. E tutto si è fermato là…
Il tema si è riproposto nel 2019, al Sinodo sull’Amazzonia. È sembrato quindi un passo da gigante, nel febbraio 2021, la nomina di suor Nathalie Becquart a sottosegretaria al Sinodo dei Vescovi, carica che le permetteva di essere la prima esercitare un diritto da sempre prerogativa soltanto maschile.
Ebbene nell’attuale Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, iniziata in Vaticano il 4 ottobre u.s., e che si chiuderà prossimamente il 29 ottobre, sul tema “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”, ci sono 85 donne, di cui 54 con diritto di voto. Non Solo !
Due di loro, la messicana suor María de los Dolores Palencia Gómez,superiora generale della congregazione di San Giuseppe di Lione e la giapponese suor Momoko Nishimura, S.e.m.d – Comunità Missionaria Servitori del Vangelo della Misericordia di Dio, sonotra i nove presidenti delegati, coloro cioè che guidano l’Assemblea quando non c’è il Papa.
Ma la provenienza è ampia, e significativa. Ci sono religiose consacrate e laiche. Da tutto il mondo, di tutte le età. Cinque di loro sono rappresentanti della Uisg , l’Unione internazionale superiore generali, che associa quasi duemila superiore.
I cardinali Mario Grech e Jean-Claude Hollerich, rispettivamente segretario generale del Sinodo e relatore generale, hanno tenuto a specificare che è “non una rivoluzione”.
Almeno dal punto di vista visivo – un tavolo di presidenza non più monopolio maschile. E, dietro l’impatto dell’immagine, c’è il riconoscimento di una verità profonda: il femminile può e deve essere significativo nei vari ambiti di responsabilità della Chiesa.