La certezza che dietro il nome di Andrea Bonafede si nascondesse il numero uno di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro gli investigatori dell’Arma dei carabinieri l’hanno avuta solo poche ore prima del blitz. Lo ha spiegato il comandante del Ros, il generale Pasquale Angelosanto, ricostruendo gli ultimi passaggi dell’indagine che ha portato alla sua cattura.
“Già in passato avevamo indicazioni che avesse problemi di salute e su queste indicazioni – ha detto nel corso della conferenza stampa –, abbiamo lavorato in modo da individuare le persone” che avevano accesso alla struttura sanitaria e che avevano una particolare patologia. Nell’ultimo periodo c’è stata un’accelerazione perché via via che si scremava la lista e si scremavano le persone, ci siamo concentrati su pochi soggetti fino ad individuare quel nome e cognome. Da qui l’ipotesi – ha aggiunto Angelosanto – che potesse essere il latitante. Fatte le ultime verifiche, la certezza che fosse lui è arrivata solo questa mattina”.
Al momento della cattura Matteo Messina Denaro indossava un orologio molto particolare, del valore di oltre 30 mila euro. Messina Denaro non era armato. “Era in linea con il profilo del paziente medio che frequenta la clinica. Allo stato – ha concluso il generale – non abbiamo elementi per parlare di complicità del personale della clinica anche perchè i documenti che esibiva il latitante erano in apparenza regolari, ma le indagini sono comunque partite ora”.
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