“Se vuoi capire il Paese c’è poco da fare, devi guardare il Festival di Sanremo” – sentenziava il sociologo Domenico De Masi. “E in effetti – gli faceva eco il critico televisivo, Aldo Grasso – Sanremo tira sempre fuori il sociologo che alberga in noi e le spiegazioni ex post, fioriscono come i fiori della Riviera”.
A giorni parte il Festival della canzone italiana che è l’evento televisivo, musicale e di costume più importante dell’anno e che appassiona (e divide) maggiormente il pubblico. Soprattutto nell’agrigentino, il Festival si divide tra chi l’ama e chi lo detesta. In questi 72 anni di vita, l’apporto che hanno dato comunque gli artisti di casa nostra, al Festival, soprattutto quelli che sono riusciti a calcare il palco del teatro Ariston, è stato notevole.
Uno dei primi artisti agrigentini ad esibirsi fu Tony Cucchiara nel lontano 1972 con il brano da lui stesso scritto, “Preghiera”. All’epoca il Festival si svolgeva ancora presso il Salone delle Feste del casinò e quell’anno, per la cronaca, a condurre la competizione numero 21, fu Mike Bongiorno. Il nostro Tony Cucchiara, già conosciuto per il successo di “Se te ne vuoi andare vai, io non ti fermerò” non sfigurò nella classifica generale anche se per la cronaca vinse Nicola di Bari con “I giorni dell’Arcobaleno”.
Poi, l’anno successivo, scoppiarono le polemiche per l’esclusione del brano della cantante licatese Rosa Balistreri, fortemente sostenuta, invece, dalla Fonit Cetra. Il brano proposto “Terra che nun senti” era una sorta di canzone di protesta contro la classe politica che governava la Sicilia e la motivazione ufficiale dell’esclusione fu che il brano non era inedito. Si era nel 1973 e il fatto che l’artista agrigentina volesse cantare a tutti i costi in siciliano, aveva fatto storcere il naso a parecchi.
Nel 1975 fu la volta di Nico dei Gabbiani, al secolo Nico Tirone da Sambuca di Sicilia, già noto per il brano “Parole” che presentò il motivo “Io credo” piazzatosi all’ottavo posto.
Poi occorre fare un salto nel tempo fino ad arrivare al 1991 quando al Festival, organizzato da Adriano Aragozzini con Andrea Occhipinti ed Edwige Fenech, collaborò il produttore agrigentino Francesco Bellomo che si occupò dei tre balletti a tema per le tre serate, con Julio Bocca, Eleonora Cassano e Daniel Ezralov, e le coreografie di Franco Miseria. E arriviamo al 2005, quando sul palco dell’Ariston, per la categoria giovani, fece la comparsa un cantante di Porto Empedocle, non ancora diciottenne, Christian Lo Zito con il brano “Segui il tuo cuore”, testo di Giuseppe Furnari. La novità di quell’anno, presentava Bonolis e vinse Francesco Renga, fu il fatto che il giovane artista si presentò a piedi scalzi cosa che per il Sanremo di quel periodo era abbastanza insolita.
“Ad oggi – dice oggi Christian – Sanremo è stata l’esperienza più forte della mia vita. Ricordo ancora la sensazione di agitazione, mista a voglia di salire sul palco. Di quelle ore conservo molti ricordi, anche nei minimi dettagli; dal suono della sezione d’archi dell’orchestra che accorda gli strumenti, alla scenografia che si illumina col mio nome scritto sopra, a quella scalinata; insomma un sogno diventato realtà per un giovane agrigentino cresciuto in una famiglia dove Sanremo era un ulteriore momento di condivisione e scambio di opinioni su chi si sarebbe aggiudicato il celebre leoncino d’oro. Viverlo da protagonista – confessa – è stata tutt’altra cosa”.
Nel 2006 calcò il palcoscenico del Festival un altro agrigentino, Ivan Segreto, musicista particolarmente conosciuto e amato a Sciacca. L’esordiente Ivan Segreto presentò il brano “Con un gesto”, direttore d’orchestra Roberto Rossi. Anche questa volta il brano non riuscì a classificarsi. Sempre nel 2006 partecipò al Festival anche l’empedoclino Cico Falzone, mitico chitarrista dei “Nomadi”. La storica band arrivò al secondo posto in classifica con la canzone “Dove vai”. Successo replicato da Falzone & Company nel 2010 quando, in coppia con la figlia di Zucchero, Irene Fornaciari, arrivarono sesti nella classifica generale con “Il mondo piange”.
Niente da fare invece per Lello Analfino e i Tinturia che con la loro canzone dal titolo “Così speciale”, nel 2010 si videro escludere in malo modo dalla partecipazione alla competizione canora.
Poi nel 2011 fu la volta della cantante, ex Amici di Maria De Filippi, Loredana Errore, fresca del successo ottenuto con il brano scritto per lei da Biagio Antonacci, “Ragazza occhi cielo”. Loredana Errore si presentò sul palco fasciata in un completo total look bianco dello stilista Ermanno Scervino, e cantò (fuori concorso) in duetto con Anna Tatangelo il brano “Bastardo”; canzone in un primo tempo esclusa e poi ripescata dalla giuria grazie proprio a quell’interpretazione. Quell’anno ci fu il trionfo di Roberto Vecchioni con “Chiamami ancora amore”. Era quella, l’edizione numero 61, presentata da Gianni Morandi affiancato da Belen Rodriguez e da Elisabetta Canalis.
Bisognerà poi attendere il 2015 per vedere un artista agrigentino vincere finalmente il Festival della canzone italiana. Stiamo parlando del tenore Piero Barone, artista di Naro, che con gli altri due componenti de “Il Volo” vinse la 65esima edizione con il brano “Grande Amore”. Possiamo affermare che Piero Barone è da considerare un po’ un veterano del Festival, visto che tornò con “Il Volo” nel 2019 riuscendo ad ottenere il terzo posto in classifica con il brano “Musica che resta” e si esibì pure, sempre con gli altri due, lo scorso anno, questa volta però come ospite. Vedremo quest’anno come andranno le cose. Intanto fra tutti gli artisti che nel corso degli anni, hanno calcato il palcoscenico più famoso d’Italia, come non ricordare Domenico Modugno che con Agrigento ha sempre avuto molte cose in comune. In particolare va ricordata l’ottava edizione di Sanremo, quella del 1958, quando Mimmo trionfò con “Nel blu dipinto di blu” che diverrà la canzone italiana più celebre di sempre, con oltre 22 milioni di copie vendute in tutto il mondo e cinque settimane di permanenza alla prima posizione della hit-parade statunitense. Oggi ad Agrigento, a ricordare quello straordinario successo sanremese, vi è il Belvedere di piazza Sinatra, un angolo della città da dove si ammira un fantastico panorama, dalla Valle dei Templi e il suo Parco, al Mare. Una sagoma in acciaio, rappresenta il famoso cantautore considerato uno dei padri della canzone italiana. Come sostiene il critico Aldo Grasso: “Se, pur fra mille polemiche, Sanremo resiste da più di settantadue anni, qualcosa significherà pure..!”
LORENZO ROSSO