Proprio così, perché il “Giacobinismo”, è quel movimento ideologico di violenza e di terrore, fondato a Parigi nel 1789, che è l’anno di inizio della Rivoluzione francese; un movimento che nulla ha a che fare, con il Santo che festeggiato ieri.
I Giacobini erano quegli “Amici” di quel periodo che si riunivano nell’ex Convento domenicano di S. Giacomo a Parigi. “Amici” che non disdegnavano quella forma di lotta anche violenta, per abbattere l’assolutismo regio. E sappiamo bene che il movimento giacobino culminò nella dittatura del Terrore.
Oggi invece dobbiamo invocare S. Giacomo, l’apostolo figlio di Zebedeo, fratello di Giovanni l’evangelista, che a suo tempo comprese bene il rimprovero di Gesù, quando aveva invocato il fuoco dal cielo per quel villaggio di Samaritani maleducati nei riguardi del Maestro, cambiando cultura e poi, primo tra gli Apostoli, nell’anno 43-44, sacrificando col martirio personale la sua vita.
I giacobini invece, diremmo oggi, erano terroristi di sinistra nel loro tempo; rifiutando ogni forma di compromesso, preferivano praticare uno scontro politico aspro, anche fisicamente violento, per perseguire un ideale di rigoroso egualitarismo sociale, contro ogni forma di privilegio comunque camuffato.
Sappiamo dalla storia i maggiori guasti prodotti da tale ideologia … e come nell’insieme perciò il giacobinismo sia stato giudicato assolutamente improduttivo ed anzi socialmente pericoloso.
Adattando un po’ tutto alla situazione di oggi, c’è da dire che in Italia non abbiamo assolutamente bisogno di nessuna forma di giacobinismo, né di colore nero, né di colore rosso.
Cioè, per essere chiari, né di stampo meloniano o leghista-salviniano, né di quello, spesso ovattato, della moderna sinistra, che però di sinistra, a giudizio di molti, ha solo il nome, avendo nella prassi sposato quel neo-liberismo che nulla concretamente ha prodotto sul piano concreto se non una povertà quasi triplicata. Né risulta al momento convincente, ci pare, quella nuova linea, capace forse solo di indicare come il massimo dei mali il “salvinismo”, sfuggendo ai veri problemi concreti di giustizia sociale. Così come avvenuto nell’ultimo decennio in Italia. Un decennio nel quale la fascia del ceto medio si è ulteriormente ridotta, mentre pare che le statistiche, cin il linguaggio ei numeri, impietosamente mostrano che ne hanno tratto vantaggio le due fasce estreme, cioè la fascia dei benestanti e quella dei poveri.
S. Giacomo, primo apostolo martirizzato con la decapitazione in Gerusalemme da parte di Erode Agrippa, fratello maggiore di Giovanni Evangelista, nell’angoscia dell’occupazione araba in Spagna, è diventato il santo di riferimento al quale da tempo, si è incominciato a tributare un culto fiducioso e appassionato.
Un Santo diventato il sostegno degli oppressi e addirittura un combattente invincibile, ben lontano dal Giacomo evangelico, primo apostolo martire, vittima della violenza.
La fede nella sua protezione diventa uno stimolo enorme in quelle prove durissime, che i cristiani di Spagna dovettero affrontare durante la dominazione musulmana.
E tutto questo ha avuto un riverbero sull’Europa cristiana, che già nel X secolo ha iniziato i pellegrinaggi a Compostela.
Nel 1989, un anno particolarmente significativo per la caduta del “muro di Berlino”, con tutto quello che questo ha significato, provocò, proprio in quell’anno, Papa S. Giovanni Paolo II e migliaia di giovani da tutto il mondo, a fare il “Cammino di Compostela” .
Oggi la memoria di San Giacomo, uno dei santi più noti, il cui nome da sempre è collegato alla volontà e alla scelta di intraprendere un cammino, fisico o spirituale, ci sprona efficacemente ad abbandonare ogni forma di discriminazione e razzismo.
Le persone di qualsiasi colore e condizione sociale, cittadini italiani e non, comunque residenti in Italia, tutti dobbiamo sentarci colpiti e scossi, dagli episodi di violenza, come da quei fatti che tanti anche in Italia vivono nelle periferie delle nostre città, come per esempio, in questi giorni, nel quartiere Scambìa di Napoli.
L’intera comunità dei lavoratori in Italia vive con grande preoccupazione questo momento di precarietà, di sfruttamento lavorativo, di situazione abitativa, senza alternative valide nei ghetti. E quotidianamente, ancora in questi giorni, si aggiunge la conoscenza di sprechi, intrallazzi, sperpero di denaro pubblico, privilegi, con tanti politici che però parlano d’altro.
Si vuole anzitutto una vera tutela da parte del potere politico, prima ancora che, con i suoi tempi, intervenga il potere giudiziario.
Con non poca possibilità, – secondo l’opinione comune – che i veri colpevoli riescano comunque, sempre o quasi, a farla franca.
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