Emigrazione al contrario: “Olive e capperi per ritornare in Sicilia”

“Si resti arrinesci” la rubrica di chi dice no all’emigrazione e resta per lottare.

“L’agricoltura made in Sicilia capace di attrarre i nostri giovani”.

Uno studia “Economia”, l’altro “Prevenzione negli e nei luoghi di lavoro”.  Dopo il diploma e i primi anni di università, molti di noi si accorsero che non c’erano alternative: per trovare lavoro bisognava fare la valigia e andare al Nord. I primi furono i vincitori di concorso. Poste, Ferrovie, cancellerie di tribunali, uffici pubblici statali, ma anche giovani che vanno via semplicemente per studiare. 

Di Domenico Vecchio 

Viviamo in un paese che iscrive una pesante ipoteca sul suo futuro. L’Italia, il sud e la Sicilia in particolare, sottolinea il nono Rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione della Fondazione Leone Moressa, da circa un decennio è tornata ad essere terra di emigrazione: in dieci anni ha perso quasi 500 mila italiani (saldo tra partenze e rientri di connazionali). Tra questi, quasi 250 mila giovani (15-34 anni). Considerando le caratteristiche lavorative dei giovani, la Fondazione stima che questa “fuga” ci sia costata 16 miliardi di euro (oltre 1 punto percentuale di Pil): è infatti questo il valore aggiunto che i giovani emigrati potrebbero realizzare se fossero occupati nel nostro paese.

E la provincia di Agrigento da sempre vede giovani andare via. Molti lasciano la città con il pretesto dell’università, in pochi, pochissimi dopo un’esperienza al nord, decidono e riescono a tornare. C’è chi lavora con il turismo, ma pochi sanno che i settori in ambito agricolo offrono moltissimi posti e occasioni di lavoro.

Per fortuna però ci sono delle eccezioni, come quelle di Alberto Bruzzi e Gaetano Amico. Ed è di loro che vogliamo parlare. Il primo frequenta Economia a Pisa, l’altro l’Università di Pavia dove consegue le competenze in “prevenzione negli ambienti e nei luoghi di lavoro”. Per un periodo lavorano lontano dalla Sicilia. Alberto fa anche l’agente immobiliare,  Gaetano lavori saltuari.

Prevale poi la voglia di rientrare e di mettersi in gioco. 

Perchè ?

Un pizzico di nostalgia prima di tutto. E’ bello vivere fuori ma un Siciliano ha sempre vivo il desiderio di tornare nella propria terra. Ci mancava il nostro tenore di vita. Qui si respira un’altra aria. In Sicilia avevamo messo le radici e vivere fuori, per quanto buono possa essere, è sempre un piccolo trauma.

Spiegatemi meglio…

Lontano dalla Sicilia abbiamo vissuto bene, tuttavia sono i ritmi che non ci piacevano. La qualità della vita nonostante i mille problemi con cui ci rapportiamo è decisamente migliore qui da noi. I rapporti con la gente, il nostro essere pratici nel superare le problematiche. Qui, ad esempio, siamo più diretti nell’approcciarci con gli altri. 

Cosa avete fatto

La nostra era un’amicizia d’infanzia. Abbiamo scoperto che entrambi eravamo spinti dallo stesso desiderio di provare a far qualcosa di nostro. Avevamo due strade da percorrere, quella del settore turistico e quella dell’agricoltura. Abbiamo puntato sulla seconda, mettendo su un’azienda agricola. Ed ecco che è nata la nostra società cooperativa “Chrysos”.

Da cosa si cominicia ?

La prima cosa che abbiamo fatto era cercare terreni consoni per produrre prodotti di eccellenza, in particolare l’olio. Abbiamo deciso di puntare su prodotti di nicchia. Ci eravamo accorti che al nord era molto apprezzato l’olio di biancolilla, tipico della nostra zona. Abbiamo iniziato da zero ma acquistando terreni dove già esistevano le piante.

Che esperienza avevate nel settore?

Passione. Quella muove tutto. E’ il vero motore dell’economia. Entrambi abbiamo sempre vissuto in campagna. Le nostre conoscenze erano legate all’esperienza accumulata negli anni di vita quotidiana. Oggi è il nostro lavoro. 

Avete avuto accesso a finanziamenti particolari?

Mai. Non siamo riusciti a trovare nessuna forma di finanziamento. Si sente tanto parlare di incentivi e aiuti ai giovani. Leggi speciali, finanziamenti e via discorrendo. Noi non abbiamo visto mai un euro. Così abbiamo fatto fondo ai nostri risparmi, ci siamo rimboccati le maniche e siamo andati avanti.

E adesso come va l’attività?

Siamo in attività da tre anni, i primi due sono stati prevalentemente di costruzione dell’azienda sebbene abbiamo cominciato con terreni con impianti già esistenti. Oggi, oltre alle olive, produciamo un cappero selvatico all’interno della Valle Templi con il marchio “Diodoros”. Sono prodotti di eccellenza, di nicchia, così come la produzione di mandorle. Le nostre olive vengono utilizzate per produrre olio di qualità. 

Il segreto è il biologico?

Decisamente. La nostra azienda si trova nel territorio di Agrigento e i terreni si trovano in contrada Milione tra Agrigento e Raffadali. Una zona montuosa dell’entroterra siciliano, che ci consente di coltivare in altezza. Questo fa sì che le piante subiscano meno attacchi dai parassiti. La nostra è conversione biologica quindi, non utilizziamo fertilizzanti chimici e pesticidi ma attuiamo metodiche di prevenzione e coltivazione con metodi riconosciuti. 

Esportate fuori ?

Oggi c’è molta attenzione alla qualità del cibo, i nostri prodotti sono molto apprezzati al nord Italia oltre che nella stessa Sicilia, ma presto vogliamo muoverci nei mercati esteri.

Possiamo dire che la vostra è stata un’emigrazione al contrario?

Senza dubbio. Vedo che molti genitori sono fieri dei figli che vanno a vivere fuori. Noi siamo orgogliosi di essere tornati. Senza la Sicilia non riuscivamo a vivere, grazie alla Sicilia la nostra vita è migliore.

Domenico Vecchio

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