Viaggio nel quartiere ebraico

Tante volte ho visitato Roma, in lungo ed in largo. La conosco assai bene! Avevo lambito più volte il quartiere ebraico ma non avevo mai visitato le arterie dell’ex ghetto, oggi caratteristiche vie di pregio che s’intersecano a labirinto, pullulanti di locali e ristoranti.
Nel cuore c’è la Sinagoga, l’epicentro.
Non sapevo neanche come si presentasse.
Il termine lo conosco, come tutti, poiché nelle celebrazioni eucaristiche domenicali e non solo, tante volte si fa riferimento a “Gesù nella Sinagoga” che insegna, argomenta, indica la via. Sinagoga dal greco vuol dire semplicemente “adunanza”, luogo dove ci si raccoglie in preghiera rivolgendosi al cielo.
C’è una gentile signora che attende un gruppetto di turisti intorno alle 12.40 ai piedi del “tempio”. Pago un biglietto e mi aggrego.
Sarà una visita guidata di circa mezz’ora.
Prima di entrarvi tolgo il berretto, do un’occhiata veloce all’interno del locus e raggiungo la prima fila. Pochi minuti di silenzio e poi la guida comincia a spiegare.
È brava, tanto brava. È ebrea.
È preparata, parla bene, riesce a conquistare l’attenzione dei circa 50 turisti seduti.
Qualcuno indossa il classico cappellino ebraico, ovvero il kippāh.
Spiega, cita, espone, illustra.
Fa una sintesi straordinaria in 30 minuti esatti. Capisco tante cose dell’ebraismo, della storia degli ebrei, di “Gesù nella Sinagoga”, dei tanti simboli che che caratterizzano la stessa a partire dal tetto a forma quadrata, particolarità unica ( a suo dire) di un tempio sacro.

La spiegazione, così, alle 13.15 in punto finisce!
Un vero peccato! Avrei ascoltato ancora con grande interesse. Mentre qualcuno comincia ad alzarsi, la gentile signora chiede se ci sia qualche quesito.
Così, con tempestività fulminea, parte la mia prima domanda, ovverosia:
“Chi officia la celebrazione in Sinagoga” ?
Col sorriso luminoso risponde.
È chiara ed interessante, come da principio.
E così parte la seconda domanda, poi la terza, la quarta …
Diventa quasi un’intervista la mia.
Apprezza, comunque, nonostante i minuti scorrano, la mia curiosità.
Nel frattempo qualcuno riprende posto e nel bel mezzo del “dibattimento teologico”, ecco che arriva qualche altra domanda da qualche altro banco… Siamo ben oltre il tempo previsto. Sono passati 60 min. circa.
Con l’occhio furbo e sornione mi guarda.
Sarà finito anche il suo turno lavorativo?
Il tempio è scarno, continua a ripetere in chiusura, perchè chi prega si rivolge al cielo, solo a Dio. Non ci sono statue, immagini, affreschi, nulla. L’ebraismo viene rappresentato come una religione scarna, essenziale, rocciosa nel radicamento alle scritture, alle abitudini, anche alimentari.

Sono davvero tante le differenze che emergono tra la religione ebraica e quella cristiana, ma ci sono anche tanti punti di convergenza.
Un timido applauso e l’ ” adunanza ” è sciolta.
E così comincio il mio percorso tra i vicoli dell’ex ghetto. Mi trattengo pure a pranzo.
Manca tanto della classica cucina romana ma è cibo altrettanto buono con grandi similitudini.
Torno in albergo per una pausa. Sono circa le 18.00.
Accendo la TV.
C’è la cronaca del funerale del papa emerito, tenutosi proprio nelle prime ore del mattino.
Tanti fedeli.
Pellegrini che provengono da ogni dove.
Rimbalza però la “teatralità” dell’evento con una organizzazione quasi da parata militare.
Emergono i porporati seduti come capi di stato e poi via via tutti gli altri protagonisti del clero ecclesiastico.
Il popolo di Dio è comunque presente e commosso.
Un’altra ricerca su Google, questa volta meno rapida, mi consente di approfondire qualche altra curiosità… Nell’ebraismo manca il clero: il rabbino è un interprete della Torah, ossia la bibbia degli ebrei. E’ una guida, un riferimento per la comunità, in quanto più colto ed esperto degli altri confratelli. Nessuna gerarchia, o se vogliamo, molto ma molto più snella.
Ciò che stride del cristianesimo cattolico è l’ eccedenza di cariche, di ruoli, e di conseguenza la corsa a scalarli.
Una vera e propria ipertrofia di livelli nella piramide del potere, di titoli, un humus che ha ben poco di immateriale.
Una chiesa troppo istituzionale, in un momento di declino della dimensione spirituale dell’esistenza.
Giovani e giovanissimi lontani anni luce dalla straordinaria carica morale ed etica ancorchè religiosa della cristianità, obnubilati dall’ostentazione mediatica e dall’idolatria del benessere.
Una decadenza che fa quasi il paio con una “cristianità” in affanno, aggrovigliata negli apparati, barricata nei palazzi, rivolta troppo spesso alla corsa alla carriera, che rischia di perdere di vista la stella polare della spiritualità, e che invece, avrebbe tanto bisogno di riascoltare “Gesù nella Sinagoga”.