Da “Chiesa come minoranza creativa” a “Chiesa di popolo”. Due immagini queste, pregne di significato, usate recentemente dal Card. Matteo Zuppi, presidente dei Vescovi italiani, introducendo i lavori della recente sessione invernale del Consiglio Episcopale Permanente. Chiaro l’invito anzitutto a riflettere sull’attuale situazione generale della Chiesa in Italia. Una situazione assai diversa anzitutto rispetto non solo al passato, per così dire “remoto”, ma anche rispetto a quello recente, con un’accelerazione sensibile negli ultimi anni, segnati dal Covid 19, che ci ha obbligati a sospendere tante attività ed anche diverse manifestazioni popolari di religiosità, a cui il popolo specialmente in Sicilia è tanto legato. Il card Zuppi, nella sua introduzione, per spingere alla riflessione, ha ripreso un’espressione di Benedetto XVI che, a suo tempo, ha parlato di “Chiesa come minoranza creativa” da mettere in connessione – ha detto – con la visione di “Chiesa di Popolo” suggerita da Papa Francesco.
Due espressioni queste dense di significato teologico e profeticamente attuali.
Il termine “minoranza” mette in rilevo un dato di fatto, oggettivo ed incontrovertibile, aprendo però con l’aggettivo “creativa” a tante nuove possibilità di presenza e di impegno, investendo anzitutto nella formazione.
“Non stanchiamoci di alzare gli occhi strappandoli dall’onnipresente io, dalle sue infinite interpretazioni che non aiutano a risolvere il vero problema del suo significato che è trovare il noi, per chi vivere. Alzare gli occhi ci è necessario per capire oggi il nostro popolo, tutto, quello prossimo e quello più lontano, ma che per questo non ha voltato le spalle al Vangelo”.
Occorre una formazione non finalizzata a fare proseliti, né a formare un “esercito di combattenti per la fede”, così come suggeriva l’inno “Qual falange di Cristo Redentore…”, ma solo ad essere evangelicamente anzitutto lievito che fermenta la massa, sale che dà sapore e luce che illumina. Con l’obiettivo di puntare sempre ad essere segno di unità, contro il pericolo della frammentazione e delle lacerazioni che danneggiano sempre il tessuto sociale.
E così oltre a cogliere meglio il messaggio evangelico del discorso della montagna, si potrà contribuire a rispondere alle attuali sfide sociali, superando accresciute diffidenze e difficoltà, riguardanti soprattutto la coesione sociale; e quindi il lavoro, il valore della vita e la giustizia sociale, lo sviluppo e la scuola, la salute con i problemi collegati al carente sistema sanitario. E per entrare proprio nel concreto dell’attuale situazione italiana, con le sue peculiari difficoltà, il card. Zuppi si è posta questa domanda: “Come annunciare il Vangelo del Risorto a gente diffidente, catturata dal presente e con una comunità divisa? Quale sicurezza? Cosa fare con la creta delle mediocrità e della limitatezza umane? Per rispondere a questi interrogativi, ha fatto riferimento al travaglio che angosciava Paolo di Tarso, quando l’apostolo venne raggiunto di notte da una rivelazione divina che gli disse: “Non aver paura; continua a parlare e non tacere, perché io sono con te e nessuno cercherà di farti del male: in questa città io ho un popolo numeroso” (At 18,9-10). Anche per noi – ha continuato – c’è un popolo numeroso nelle nostre città, molto più di quanto misuriamo con categorie spesso vecchie, giudicando con indicatori ormai superati che non ci fanno accorgere di tanti segni importanti. Lo percepiamo dall’attenzione verso la Chiesa e i suoi ministri. Lo vediamo in alcuni momenti particolari della vita delle persone e della società.
Ad esempio, la scomparsa di fratel Biagio Conte a Palermo, un giovane ricco convertitosi a missionario del Vangelo e amico dei poveri, profeticamente alternativo e vicino alla gente comune, ha suscitato in modo sorprendente attenzione attorno alla sua figura”.
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