L’emergenza coronavirus e l’aumento esplosivo della richiesta mondiale si è fatto sentire anche in Italia con aumenti delle richieste del 30% in Sicilia. In Campania – riferisce la Coldiretti – per i limoni IGP di Amalfi salgono le richieste, ma c’è il 50% di produzione in meno ed il prezzo sulla pianta è quasi raddoppiato e oscilla fra 1,20 e 1,50 euro al chilo contro circa 0,60 dello stesso periodo dello scorso anno mentre in Calabria nell’alto Jonio a partire dalla piana di Sibari è caccia ai limoni con un aumento delle quotazioni fra il 10 e il 15%.
Il caso eclatante dei limoni – sostiene la Coldiretti – è la punta dell’iceberg dello sconvolgimento in atto sul mercato agroalimentare mondiale dove si riducono i commerci con fluttuazioni violente dei prezzi e carenze per alcune categorie di prodotto.
Infatti un numero crescente di Paesi cerca di garantire prima di tutto l’approvvigionamento della propria popolazione con la Russia che ha deciso di trattenere per uso interno parte della produzione di grano dopo essere diventata il maggior esportatore del mondo ed il Kazakistan che ne ha addirittura vietato le esportazioni mentre il Vietnam ha temporaneamente sospeso i nuovi contratti di esportazione di riso, il cereale piu’ consumato nel mondo.
Una nuova centralità per l’agricoltura con anche la riscoperta di nuove funzionalità come l’impiego in Italia dei trattori per la sanificazione delle strade o la possibilità – suggerita dalla Coldiretti – di utilizzare le eccedenze di vini generici per ottenere alcol disinfettante per usi sanitari da utilizzare nelle trincee della guerra al virus da nord a sud del Paese dove gli acquisti di alcol denaturato praticamente triplicati (179%) Gli effetti della pandemia hanno fatto emergere una maggior consapevolezza sul valore strategico rappresentato dalla produzione agricola per l’alimentazione, l’ambiente e la salute dei cittadini” conclude il Presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che in uno scenario di questo tipo “l’Italia in futuro potrà trarre beneficio dalla sua tradizione rurale ma occorre invertire la tendenza del passato a sottovalutare il patrimonio agroalimentare nazionale in una situazione in cui l’ultima generazione è stata responsabile della perdita di ¼ delle terre fertile nella Penisola per colpa all’urbanizzazione e all’abbandono forzato”. (Askanews)