I giudici della Corte di Assise di Appello (presidente Matteo Frasca), al termine del cosiddetto processo “bis”, hanno inflitto la condanna a 24 anni di reclusione nei confronti di Gaetano Sciortino, operaio di 59 anni accusato dell’omicidio di Giuseppe Miceli, il marmista di Cattolica Eraclea ucciso il 6 dicembre 2015 all’interno del suo laboratorio di via Crispi. Il procuratore generale, aveva chiesto la condanna a ventuno anni e undici mesi. A carico dell’imputato è stata inflitta la stessa pena decisa in primo grado e poi ribaltata nel primo processo di Appello. Il processo “bis”, arriva dopo l’annullamento della sentenza di assoluzione decisa dalla Cassazione.
L’imputato, difeso dagli avvocati Santo Lucia e Giovanna Morello, era stato condannato a 24 anni di carcere in primo grado. In appello, invece, la sentenza venne ribaltata con l’assoluzione “perchè il fatto non sussiste”.
Nei mesi scorsi un nuovo colpo di scena con l’intervento della Cassazione che ha annullato il verdetto disponendo un processo d’appello “bis”. Tra le prove dell’accusa un video, dalla qualità non eccelsa, che proverebbe il pedinamento con l’auto nei confronti della vittima nelle ore precedenti l’omicidio, una scarpa e il presunto furto di alcune viti di trapano che i familiari dell’operaio, secondo quanto si sente da una microspia posizionata nell’auto, avrebbero cercato di disperdere dandogli fuoco. I difensori dell’imputato, invece, hanno sempre sostenuto l’estraneità del cattolicese nel delitto valorizzando tesi alternative.
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