Uno scenario complesso quello in cui si stanno muovendo le imprese dell’agroalimentare italiano, che secondo le recensioni degli ultimi dati sembrano contare su una buona competitività anche in un clima di tensione geopolitica come quello attuale.
All’aumento dei prezzi degli input produttivi ed energetici e all’impennata del costo dei fertilizzanti, in crescita di oltre il 30% nei primi tre mesi dell’anno, secondo l’opinione degli esperti si aggiungono nuove sfide per l’export del settore: dai cambiamenti climatici come la dilagante desertificazione a quelli demografici in particolare rappresentati dalla continua crescita della popolazione mondiale.
Eppure le recensioni dei dati ottenuti dall’analisi della Direzione studi e ricerche Intesa San Paolo dipingono un quadro più che positivo per ben sei Regioni Italiane: la Sicilia si colloca tra le prime 15 posizioni in Europa per il valore aggiunto nel comparto agricolo insieme a Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Puglia e Campania.
Un dato che non sorprende soprattutto se si parla di diversificazione e biodiversità, due elementi da anni considerati prerogativa del Made in Italy nelle recensioni di settore: a proposito della filiera agroalimentare Co.Mark, compagnia specializzata nei servizi di Temporary Management per le piccole e medie imprese, si esprime sui fattori chiave dell’export mettendo al primo posto la sostenibilità ambientale.
La Sicilia si colloca al secondo posto per prodotti agroalimentari certificati, al terzo per frantoi e produzione di olio d’oliva di qualità, confermandosi una delle migliori regioni italiane del buon gusto secondo i dati del Rapporto sul turismo enogastronomico italiano.
Ma è soprattutto grazie alla sua posizione privilegiata e alla vocazione sostenibile che l’Isola è stata in grado di rispondere alle sfide climatiche, nel rispetto dell’agricoltura, della viticoltura e del paesaggio.
Innovazione e sostenibilità, i punti di forza del Made in Italy
Secondo l’opinione di Co.Mark la filiera agroalimentare è senza dubbio uno dei settori più dinamici dell’economia italiana. “Per continuare a mantenere alti livelli di esportazione – aggiunge l’azienda nei suoi commenti – sarà necessario comprendere a fondo le nuove tendenze di consumo e le nuove tematiche a cuore del consumatore, in primis la sostenibilità ambientale.”
Fondamentale in questo senso la diversificazione dei canali per tipologia e caratteristiche del prodotto, indispensabile secondo la sua opinione per raggiungere le aree più strategiche: il settore agroalimentare – riferisce Co.mark nelle sue recensioni – è da sempre considerato un’eccellenza dell’economia italiana negli scambi internazionali per l’ampia gamma di prodotti di alta qualità certificati.
La capacità di abbinare tradizione e costante innovazione di processo e di prodotto è l’elemento in grado di fare la differenza stando ai commenti della compagnia ed è ciò che ha reso il settore agroalimentare un punto di riferimento per la spendibilità del Made in Italy e per le esportazioni italiane nel mondo.
Opinione che trova piena conferma nei dati sulle esportazioni del primo trimestre, che fanno segnare un nuovo record, dopo il massimo storico di ben 52 miliardi raggiunto nello scorso anno.
L’Italia conquista il primato secondo le recensioni con un 75% del vigneto nazionale coperto da oltre 80 vitigni, numero nettamente superiore ai due principali competitor, Francia e Spagna, che ne contano meno di 15. Di gran lunga superiori anche le certificazioni Dop/Igp del nostro Paese, pari a 876 contro le 750 della Francia.
Per diversificazione e biodiversità dunque l’Italia supera tutti, tuttavia le priorità a cui dare attenzione, come confermano anche i commenti di Comark, sono rappresentate da diversi fattori strettamente interconnessi: l’intensificazione dei rapporti di filiera, gli investimenti in capitale umano e le innovazioni.
La domanda di prodotti agroalimentari del Bel Paese interessa sia i mercati emergenti che quelli più maturi, presidiati da tempo dalle aziende italiane: solo perseguendo la strada della resilienza, e analizzando la specificità del prodotto e del canale o mercato più adatto alle nuove abitudini di consumo è possibile riuscire a raggiungere le crescite attese per l’export Made in Italy.
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