CANICATTI’. E’ attesa per oggi nella tarda mattinata la sentenza di primo grado per l’omicidio del 22enne canicattinese Marco Vinci, avvenuto il 18 giugno dell’anno scorso. Unico imputato per la morte violenta di Vinci, davanti al Tribunale di Agrigento, è Daniele Lodato, 34 anni di Canicattì, arrestato subito dopo l’agguato dai carabinieri della locale compagnia, coordinati dal capitano Marco Amengoni, che hanno ricostruito l’intera vicenda.
Il verdetto doveva essere emesso lunedì della scorsa settimana dal Giudice per le udienze preliminari, Alfonso Malato ma è slittato di una settimana proprio per la concomitanza con la ricorrenza dell’anniversario della morte, giorno in cui tra l’altro si è svolta una cerimonia pubblica per l’inaugurazione di una stele dedicata al ragazzo ucciso nel cuore della movida canicattinese per aver difeso una ragazza che – stando alle indagini – sarebbe stata importunata da Lodato, voluta dalla famiglia e dall’associazione “Marco Vinci” di cui è presidente l’avvocato Maria Pia Coviello. Una stele sistemata in una aiuola di piazza Dante, a pochi metri dal luogo in cui Marco Vinci è stato ucciso con alcune coltellate inferte all’addome.
Ed in quella occasione, il legale che assiste la parte civile, l’avvocato Santo Lucia, riferendosi alla sentenza attesa per domani, ha detto: “La famiglia Vinci cerca giustizia, non vendetta. Hanno sempre tenuto un comportamento irreprensibile al processo. Si sono sempre limitati a chiedere chiarimenti dal punto di vista processuale ed hanno avanzato soltanto richieste processuali. Non vogliono assolutamente vendetta ma vogliono che chi ha ucciso il proprio figlio – conclude l’avvocato Lucia – paghi per una pena giusta”.
Per Daniele Lodato, il Pubblico ministero Alessandra Russo ha chiesto la condanna a 30 anni di carcere. Nella sua arringa difensiva, invece l’avvocato Angela Porcello ha chiesto la derubricazione del reato in omicidio preterintenzionale sostenendo che “Lodato non aveva alcuna intenzione di uccidere Vinci”. Il delitto è avvenuto al culmine di un litigio scaturito dal fatto che Lodato avrebbe importunato un’amica di Vinci.
“C’è stata una colluttazione e lo ha colpito col coltello ma senza alcuna intenzione di ucciderlo – ha detto il legale. Non voleva ucciderlo, è stato un incidente. Lo ha colpito per ferirlo al culmine di un litigio”. Il Pm, nella sua requisitoria aveva invece sostenuto la tesi dell’omicidio volontario. “E’ stato un omicidio premeditato e senza alcuna attenuante, dettato dall’arroganza. L’imputato ha persino lasciato il coltello sul corpo della vittima in segno di disprezzo e perchè fosse chiaro a tutti cosa succedeva a chi gli avrebbe mancato di rispetto – ha detto nella requisitoria il pubblico ministero Alessandra Russo”. Parole ribadite dall’avvocato di parte civile. L’avvocato Santo Lucia, difensore dei familiari del ragazzo ucciso si è associato alla richiesta del Pm di condannare l’imputato a 30 anni di carcere, sottolineando che “è stato un delitto che non merita alcuna attenuante e sul quale non possono esserci dubbi in relazione alla premeditazione visto che Lodato tornò a casa e andò a prendere la macchina dove c’era il coltello nonostante la sua compagna lo avesse invitato, più volte, tramite messaggio, a lasciar perdere”.
Il processo – con il rito abbreviato – è in corso davanti al Gup del tribunale di Agrigento Alfonso Malato ed è stato aggiornato, dunque ad oggi, giorno in cui sarà emessa la sentenza, a distanza di un anno dall’omicidio. Vinci è stato, infatti, ucciso a coltellate il 17 giugno dell’anno scorso davanti a un pub di piazza Dante, di fronte alla chiesa di San Domenico. Quel sabato sera, dentro al pub c’erano Vinci ed i suoi amici, tra cui la docente che sarebbe stata importunata da Lodato. Dopo una prima scazzottata tra i due pare che Lodato sia andato via per poi tornare in quel luogo dove alla fine c’è scappato il morto.