Agrigento si appresta a vivere il suo anno da Capitale Italiana della Cultura 2025, ma lo fa con una pesante contraddizione: è anche la città più assetata d’Italia. Un titolo simbolico che stride con la realtà quotidiana dei suoi cittadini, costretti a convivere con un servizio idrico inefficiente e tra i più costosi del Paese.
AICA, la Società Consortile incaricata della gestione dell’acqua, non è in grado di garantire una distribuzione regolare: l’erogazione è a singhiozzo, le perdite non vengono riparate, e i costi vengono scaricati sulla popolazione. Paradossalmente, i cittadini si vedono addebitare anche l’acqua dispersa dalla rete idrica colabrodo.
Il punto più critico è stato raggiunto l’estate scorsa, quando l’acqua è stata fornita a pagamento tramite autobotti, con la promessa—mai mantenuta—di un rimborso. Si parla di oltre due milioni di euro che AICA dovrebbe restituire. Invece, i cittadini si trovano oggi a fare i conti con avvisi di mora per bollette non pagate. Una vera beffa.
AICA giustifica i rincari affermando che il blocco delle tariffe avrebbe messo in crisi i Comuni. Ma il risultato è che le bollette continuano a salire, mentre il servizio resta gravemente carente. La misura è colma.
Agrigento merita un servizio idrico all’altezza del suo nome e della sua storia. La cultura non può crescere dove manca l’acqua, e la sete non può essere considerata normale nel 2025. È ora che AICA risponda ai cittadini e restituisca ciò che è dovuto, in trasparenza e giustizia.
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