A margine del film ”Rapito” di Bellocchio, che rievoca uno dei casi più controversi e problematici della storia moderna.
In rapporto a quel periodo in cui si svolge la vicenda del film, mi viene subito da pensare a quanto non infrequentemente preferisce dire Papa Francesco. Che ammonisce tutti, ricordando che la Chiesa non è fatta di Santi, ma di peccatori perdonati. Un monito che sicuramente – al di là del momento – invita tutti a considerare anche le debolezze e le fragilità, personali e quelle del tempo. Non solo! aggiungendo subito di considerarsi Lui, personalmente, il primo peccatore, sembra davvero ammonire tutti e stare sempre in guardia, per riconoscere errori e peccati, anche del passato, pur sempre desiderosi e protesi a migliorare, per quanto umanamente possibile.
Credo che in questa ottica, bisogna leggere e capire il film di Bellocchio, che ricostruisce storicamente, con dovizia di particolari una vicenda della seconda metà del 1800. Una vicenda avvenuta negli ultimi decenni dello Stato Pontificio, da valutare quindi anche secondo la particolarità del luogo dove è avvenuta, cioè a Bologna che era nello Stato Pontificio , nella particolare situazione legale, culturale e di sensibilità di quel tempo .
Siamo quindi nello Stato Pontificio, dove il Papa oltre che il potere spirituale esercita anche quello temporale, politico e sociale. L’episodio è quello del bambino ebreo Edgardo Mortara, sesto figlio di Salomone Levi Mortara , sottratto alla famiglia perché battezzato. Che, proprio per questo, senza tenere conto di come sia stato amministrato il sacramento, secondo la legislazione vigente nello Stato Pontificio, bisognava educare, secondo la fede cattolica.
Alla maggiore età sarebbe stato poi l’interessato, eventualmente, a scegliere diversamente.
E questo spiega il “Non possumus” di Papa Pio IX, che considerava suo preciso dovere di coscienza anzitutto, tutelare il “valore della fede”, prezioso per la vita terrena e soprattutto eterna.
Ma, per capire meglio anche questo, ricordiamo in breve ed in concreto la situazione di quel periodo storico.
Il bimbo Edgardo Mortara, nato nell’agosto 1851, viene affidato ad Anna Morisi, una nutrice; il bimbo quando ha 17 mesi, è colpito da neurite. Anna Morisi, di fede cattolica, credendolo in pericolo di morte, approfittando dell’assenza momentanea della madre, prende un po’ d’acqua e battezza il bambino; tutto quindi all’insaputa dei genitori. Da considerare che le leggi in vigore nello Stato pontificio vietavano alle famiglie ebree di avere a loro servizio domestici cattolici anche allo scopo di scongiurare simili situazioni: la Chiesa aveva sempre proibito il battesimo di minorenni in mancanza del consenso dei genitori, salvo il caso in cui si trovassero in punto di morte.
Senza aggiungere altro, diciamo che nel film viene ricostruita tutta la vicenda in maniera concreta ed efficace, con una scenografia anche folkloristicamente ammaliante che invita a riflettere per capire.
Noi, anche a prescindere dal film vogliamo ricordare che la vicenda allora interessò tutta l’opinione pubblica, all’interno ella quale ci fu il “non possumus” di papa Pio IX. Così le comunità ebraiche del Piemonte insieme a quelle di Inghilterra e di Francia protestarono formalmente per l’accaduto. L’Alleanza israelitica mondiale inviò un messaggio che si concludeva con queste parole: “Rendete, Santo Padre, la pace e la felicità ai parenti del giovane Mortara, e la sicurezza a tutti quelli che il ratto di questo fanciullo ha gettato nelle inquietudini e nella diffidenza”. Interviene, pure invano, —pensate – l’imperatore francese Napoleone III ed anche il primo ministro del regno piemontese Cavour. Tutto risultò vano…”Non possumus”, ! l’unica riesposta che in coscienza sentì di poter dare Papa Pio IX.
Il bimbo Edgardo Mortara, educato alla fede cattolica, una volta adulto, non volle più rientrare in seno alla famiglia né riabbracciare la fede nella quale era nato, perché, tra l’altro, avvertì la vocazione al sacerdozio, e dopo la dovuta preparazione ed il conseguente discernimento dei suoi Superiori, che ne avevano seguito il cammino, fu ordinato prete.
E sicuramente possono risultare davvero importanti i alcuni passi del memoriale con il quale lui stesso sacerdote protagonista della vicenda ricostruisce quanto accaduto. Con queste parole: “Il fatto del battesimo, fu mantenuto nel più assoluto segreto dalla Morisi, sorpresa della mia pronta guarigione. Sei anni dopo, un mio fratellino di nome Aristide, cadde gravemente ammalato. Sollecitata con istanze la Morisi da una sua amica, a battezzare il bambino in extremis, essa si ricusò a farlo allegando per ragione la mia sopravvivenza al Battesimo, e così fu rivelato il segreto… Il Santo Padre per mezzo di una Congregazione Romana, incaricò il Feletti della mia separazione dalla famiglia, la quale ebbe luogo… intervenendo i gendarmi dell’Inquisizione, che io ricordo, il giorno 24 giugno del 1858. Fui condotto dai gendarmi a Roma e presentato a Sua Santità Pio IX , il quale mi accolse con la più grande bontà, e si dichiarò mio padre adottivo, come di fatti lo fu, finché visse incaricandosi della mia carriera e assicurando il mio avvenire”.
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