Il 2025 della Moncada Agrigento è un anno che non si lascia raccontare con una semplice cronologia. È un anno diviso in due tronconi netti, che attraversano due stagioni sportive, ma soprattutto due idee diverse di continuità. Un anno che, riletto attraverso gli articoli, le cronache e le analisi pubblicate mese dopo mese, restituisce l’immagine di una squadra spesso costretta a rincorrere sé stessa prima ancora degli avversari.
La prima parte del 2025 coincide con la fase conclusiva della stagione 2024/2025. Ed è qui che va fatta una distinzione netta, spesso dimenticata. Perché la fase di ritorno della regular season aveva raccontato tutt’altra storia rispetto all’andata. La Moncada, in quel periodo, aveva tenuto un ritmo da prima della classe, mostrando solidità, continuità e una crescita evidente. L’innesto di Romeo aveva dato ordine all’azione offensiva, equilibrio nelle letture e una gestione più matura dei momenti della gara. Le vittorie non arrivavano per caso, ma attraverso un’identità finalmente riconoscibile.
Quel percorso virtuoso, però, si è spezzato sul flop nei play-in, uno spartiacque che ha inciso più di quanto non si sia detto. Da lì si è aperto un bivio chiaro: insistere sulla continuità oppure resettare. La riconferma di Daniele Quilici, accompagnata da pochi e mirati innesti – un “5” di riferimento come Peterson e un cambio per Piccone – avrebbe probabilmente garantito stabilità tecnica ed emotiva, dando seguito a quanto di buono si era visto nella seconda metà della stagione. Una scelta prudente, forse, ma coerente.
La società ha invece scelto la strada del reset, costruendo un roster nuovo, chiamato ad amalgamarsi dentro un girone dantesco, rivelatosi fin da subito infernale. Una scelta che ha richiesto tempo, pazienza e una tenuta mentale che la squadra non sempre ha avuto. A complicare ulteriormente il quadro è arrivato l’infortunio di Romeo, che ha disordinato l’azione offensiva riportando la Moncada a dinamiche già viste nel girone di andata della 2024/2025: attacchi spezzati, letture tardive, difficoltà a gestire i finali.
I primi mesi del 2025, così, diventano una lunga scia di partite vissute in emergenza costante. Infortuni, influenze, rotazioni ridotte all’osso. Le cronache parlano di gare spesso decise negli ultimi possessi, di equilibrio fragile, di una squadra che alterna buone esecuzioni a blackout improvvisi. Il PalaMoncada diventa più un luogo di resistenza che di certezze.
È in questo contesto che matura uno dei passaggi chiave dell’anno: il ritorno in panchina di Devis Cagnardi. Non un’operazione nostalgia, ma una scelta necessaria. Serviva qualcuno che conoscesse la piazza, il peso della maglia, la pressione di una classifica che non concede margini. Con Cagnardi cambia soprattutto il tono del racconto. Anche dopo le vittorie, le sue parole sono dure, spigolose, senza sconti: approcci sbagliati, squadra fragile emotivamente, partite vinte senza aver fatto abbastanza per meritarle.
La stagione 2024/2025 si chiude così, senza celebrazioni. La Moncada resta aggrappata alla categoria, ma ne esce stremata, consapevole di quanto sia sottile il confine tra salvezza e caduta. Una chiusura che non libera, ma impone riflessioni.
L’estate 2025, nei racconti, è fatta più di silenzi che di proclami. La società sceglie la continuità tecnica proprio da quella durezza, confermando Cagnardi come riferimento. Nessun annuncio roboante, nessuna promessa fuori misura. La sensazione è quella di una Moncada che ha capito di non potersi permettere altre partenze a vuoto.
Con l’autunno si apre la stagione 2025/2026, ma il copione, almeno inizialmente, non cambia radicalmente. Le partite restano dure, nervose, spesso decise nei finali. La squadra mostra segnali di crescita, ma anche le stesse fragilità strutturali. Le parole di Cagnardi continuano a essere un elemento centrale del racconto: dopo le vittorie parla di “palude”, di “melma”, di una squadra che deve ancora imparare cosa significa lottare davvero.
La vittoria contro Piacenza, a dicembre, è emblematica: due punti pesantissimi, ma accompagnati da uno sfogo durissimo dell’allenatore. È la fotografia perfetta di questo 2025: risultati importanti, ma mai sufficienti se non sostenuti da una crescita mentale.
C’è infine un dato che attraversa tutto l’anno e che pesa come una sentenza: per il terzo anno consecutivo, a dicembre, la Moncada si ritrova in zona playout. Cambiano allenatori, cambiano roster, ma il copione iniziale resta lo stesso. Ed è forse questo il nodo più profondo emerso nel 2025 della Fortitudo Agrigento.
Il 2025 non è stato l’anno delle ambizioni dichiarate, né quello del bel gioco. È stato l’anno della consapevolezza, anche scomoda. L’anno in cui Agrigento ha capito che senza continuità ogni reset rischia di riportare allo stesso punto. E che, in una categoria così, restare in piedi non è mai banale. Ma non può neppure bastare.
Segui il canale AgrigentoOggi su WhatsApp
