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Dopo Agrigento Capitale della Cultura: quale futuro per il turismo?

14 Ottobre 2025
in top2, Turismo
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L’analisi di Francesco Picarella dopo il TTG di Rimini

Il turismo italiano riparte, ma la città dei Templi deve ritrovare una visione condivisa e una governance capace di costruire un “prodotto città” duraturo e competitivo

Dopo un anno vissuto tra entusiasmi e polemiche, Agrigento si ritrova a fare i conti con la domanda più difficile: cosa resta, davvero, del titolo di Capitale Italiana della Cultura 2025?

Tra chi aveva sperato in una rinascita e chi invece vede nell’esperienza un’occasione sprecata, l’impressione diffusa è che la città debba oggi ripartire da una consapevolezza nuova. Lo ha ricordato Francesco Picarella, figura di riferimento nel mondo del turismo, reduce dall’edizione 2025 del TTG di Rimini, la grande fiera nazionale del settore.

“Ho partecipato con grande interesse – racconta – e inevitabilmente la domanda più ricorrente era sul bilancio di Agrigento Capitale della Cultura. E soprattutto sulla singolare assenza dell’amministrazione comunale a un evento così importante per la promozione turistica del Paese.”

Il titolo conferito dal Ministero della Cultura, spiega Picarella, ha acceso i riflettori su Agrigento “nel bene e soprattutto nel male”. È stato un anno intenso, fatto di opportunità e di sfide, che ha rivelato tanto le potenzialità quanto le fragilitàdel sistema locale. “Ora però – aggiunge – comincia la sfida più importante: ricostruire un modello di turismo stabile, basato su una strategia nuova, sostenibile e condivisa. Serve un confronto vero tra istituzioni, operatori e cittadini. Dobbiamo valorizzare ciò che funziona e correggere ciò che non va.”

La fiera di Rimini, spiega ancora, ha offerto un quadro incoraggiante. Il turismo italiano si conferma un settore maturo, vitale, capace di reinventarsi. Nei dibattiti si è parlato di nuovi trend, di sostenibilità e di innovazione digitale, ma soprattutto della necessità di fare rete tra pubblico e privato. “Il viaggiatore di oggi – osserva Picarella – cerca autenticità. Non vuole solo visitare i luoghi, vuole viverli. E questo, per Agrigento, può essere un vantaggio enorme: perché la nostra città, più di altre, sa ancora offrire esperienze vere, relazioni umane, un’accoglienza sincera.”

Eppure, non mancano le ombre. “La Capitale della Cultura – dice – ha lasciato un’eredità fragile. Agrigento rischia di apparire come una nobile decaduta del turismo, una città che ha vissuto di gloria riflessa senza riuscire a tradurla in un modello duraturo.” Ma la bellezza, quella sì, resta intatta. I turisti continuano ad apprezzare la magia del centro storico, la luce della Valle dei Templi, la genuinità dell’enogastronomia locale. “Molti – racconta – parlano di un’accoglienza calda e sincera. È il nostro tratto distintivo, e va difeso.”

Il nodo resta la governance. Troppi attori, poche strategie condivise. “Serve una visione comune – insiste Picarella – una regia capace di unire le energie pubbliche e private e costruire un vero prodotto città. Agrigento ha tutto per tornare a essere una destinazione attrattiva tutto l’anno, ma servono servizi, eventi, comunicazione coordinata e una politica turistica che guardi oltre la scadenza di un titolo.”

La domanda turistica, intanto, sta cambiando: il pubblico è più informato, esigente e attento ai dettagli. Cresce l’interesse per il turismo culturale e di prossimità, mentre l’offerta locale, pur in crescita, deve ancora alzare il livello medio dei servizi. “Il periodo di permanenza è troppo breve – sottolinea – e su questo bisogna lavorare, offrendo motivazioni, esperienze, percorsi che invoglino a restare.”

Le criticità non mancano: trasporti difficili, pulizia carente, scarsa illuminazione. Ma la diagnosi, stavolta, non suona come una resa. “Sono osservazioni costruttive – conclude Picarella – che devono servire da stimolo. Perché solo imparando dagli errori e trasformando la delusione in ripartenza, Agrigento potrà davvero ritrovare la sua dimensione culturale e turistica.”

Un monito, più che una critica. E forse anche un auspicio: che il titolo di Capitale della Cultura non resti un trofeo da esibire, ma diventi un punto di partenza per un progetto condiviso, capace di restituire dignità, visione e prospettiva a una città che, nonostante tutto, continua ad avere un’anima forte e luminosa.

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