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Home » La mediterraneità della Magna Grecia » Il restauro naturalistico del Bosco Sacro di Erice: natura, storia e simboli si intrecciano

Il restauro naturalistico del Bosco Sacro di Erice: natura, storia e simboli si intrecciano

Elio Di Bella Di Elio Di Bella
28 Aprile 2025
in La mediterraneità della Magna Grecia
venere ericina

venere ericina

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Il saggio nasce da una collaborazione multidisciplinare che unisce competenze botaniche, architettoniche, storiche e di pianificazione territoriale. Pietro Pedone, Paesaggista e Dottore in risorse vegetali, ha dedicato gran parte della sua attività allo studio della flora siciliana, con particolare attenzione alla dimensione simbolica e culturale delle specie autoctone. Gianluigi Pirrera è paesaggista e docente di Architettura del Paesaggio, con una lunga esperienza in progetti di restauro ambientale. Vera Greco, architetto e dirigente di lunga data nei Beni culturali, ha diretto importanti interventi di valorizzazione storico-artistica in Sicilia. Ferdinando Trapani, urbanista e professore di Tecnica e Pianificazione Urbanistica, si occupa da anni di rigenerazione territoriale e progettazione partecipata. Insieme, gli autori compongono un mosaico di competenze che rendono l’editoriale scientifico, pubblicato da Ambiente e Cultura Mediterranea, non solo scientificamente solido, ma anche ricco di stratificazioni culturali.
Il lavoro affronta il restauro naturalistico del Bosco dei Runzi e del Giardino del Balio, due aree verdi di straordinario valore storico e ambientale situate sul monte Erice, in provincia di Trapani. Questi luoghi, oggi riuniti sotto la denominazione di “Bosco Sacro di Erice”, hanno rappresentato per secoli un crocevia simbolico tra natura, sacralità e civiltà. Il progetto di restauro, però, va oltre la semplice rinaturalizzazione: si tratta di un percorso di ricostruzione identitaria, dove la botanica, la memoria storica e la dimensione emozionale si incontrano.
Il concetto di “Bosco Sacro” non è casuale. Evoca immediatamente la sacralità precristiana del monte Erice, noto per il celebre santuario di Afrodite Ericina, dove natura e divinità si fondevano in un’unica dimensione rituale. Il restauro intende recuperare proprio questo legame originario: la natura come spazio del sacro, come teatro della memoria collettiva e dell’identità culturale. Il “Bosco Sacro” non è quindi un’invenzione contemporanea, ma una riscoperta di ciò che già esisteva, ora restituito al presente attraverso una lettura stratificata del paesaggio.
Uno degli aspetti scientificamente più rilevanti è la dettagliata indagine floristica condotta nel Bosco dei Runzi e nel Giardino del Balio. Gli autori identificano numerose specie autoctone e ne analizzano la distribuzione, il valore ecologico e il significato simbolico. Questo lavoro ha permesso di distinguere tra specie invasive, esotiche e relitte, proponendo un intervento che favorisse le essenze più coerenti con l’identità originaria del luogo. Non si tratta di una semplice “pulizia”, ma di una ricostruzione filologica del paesaggio vegetale.
La grande forza di questo saggio sta nell’approccio duale. Da un lato, la scientificità dell’indagine botanica, l’uso di criteri rigorosi di selezione delle specie, la mappatura sistematica della vegetazione. Dall’altro, una lettura culturale e simbolica che interpreta le piante anche come elementi carichi di senso: l’alloro, la quercia, il cipresso non sono solo entità biologiche, ma portatori di valori, memorie, immagini archetipiche. Questo approccio richiama l’antica idea del “genius loci”, lo spirito del luogo, che il restauro vuole risvegliare.
Nonostante il rigore scientifico, il saggio assume anche una dimensione fortemente evocativa. Gli autori parlano del restauro come di un “atto poetico”, un gesto creativo e civile che restituisce senso al paesaggio. Le scelte progettuali non sono guidate solo da parametri ecologici, ma anche da un’estetica etica, che mette al centro la relazione dell’uomo con il tempo, con la memoria, con il silenzio della natura. Il restauro è dunque anche una forma di narrazione, un modo per raccontare Erice attraverso il linguaggio degli alberi e dei sentieri.
Il Bosco Sacro viene interpretato come una componente fondamentale del sistema culturale ericino: non un’appendice verde ma un nucleo identitario. Gli autori rivendicano una concezione integrata del patrimonio, dove natura, architettura, storia e mito si intrecciano. La valorizzazione del paesaggio non èseparabile dalla valorizzazione della cultura materiale e immateriale. In questo senso, il Bosco dei Runzi e il Giardino del Balio sono parte viva del “museo diffuso” che è Erice: una città che si racconta non solo attraverso le pietre, ma anche attraverso le fronde.
Il saggio è un contributo prezioso alla comprensione della storia di Erice, non soltanto per gli studiosi di botanica o di architettura del paesaggio, ma per chiunque sia interessato ai processi di costruzione dell’identità culturale dei luoghi. In un’epoca in cui la rigenerazione urbana si riduce spesso a operazioni cosmetiche, il lavoro degli autori dimostra che è possibile fare restauro ambientale con profondità, rigore e rispetto.
Questa ricerca ci ricorda che i luoghi non sono entità neutre: sono palinsesti di memorie, stratificazioni di senso, contenitori di esperienze. Restaurare un bosco significa anche restaurare una comunità, restituire alle persone uno spazio simbolico dove riconoscersi. In questo senso, l’intervento sul Bosco Sacro diventa un gesto politico e civile, oltre che estetico.
Non meno importante è l’aspetto metodologico: il saggio propone un modello replicabile di intervento, che unisce conoscenza scientifica, sensibilità culturale e partecipazione pubblica. È un esempio virtuoso di interdisciplinarità applicata al paesaggio, che potrebbe ispirare altri progetti in Sicilia e oltre.
Il saggio sul restauro naturalistico del Bosco dei Runzi e del Giardino del Balio è molto più di un resoconto tecnico: è un manifesto per una nuova visione del paesaggio, fondata sull’ascolto, sulla memoria e sulla bellezza. Gli autori ci accompagnano in un viaggio dentro la natura e la storia di Erice, offrendoci strumenti per leggere il territorio non solo con gli occhi, ma anche con la mente e con il cuore.
Nel Bosco Sacro di Erice si intrecciano scienza e mito, radici e futuro, realtà e simbolo. Questo lavoro ci insegna che prendersi cura della natura significa anche prendersi cura della nostra identità. Un messaggio tanto più necessario oggi, in un mondo che spesso dimentica il valore profondo dei luoghi. Per chi ama la Sicilia, per chi studia la sua storia, per chi progetta il suo futuro, questo saggio rappresenta una tappa fondamentale. Non solo per ciò che racconta, ma per come lo racconta: con rigore, con visione, con passione. L’editoriale è stato pubblicato in seno al progetto “La mediterraneità della Magna Grecia” che contribuisce con ricerche scientifiche alla narrazione dell’identità culturale della Magna Grecia, della Sicilia e di Agrigento Capitale 2025.
Elio Di Bella
Vai alla fonte: https://www.ambienteculturamediterranea.it/magna-grecia-2425-relazioni

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Tags: ericeMediterraneo
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