L’hotspot di Porto Empedocle resta vuoto, liberato il 90% degli irregolari: il ruolo della magistratura e le politiche migratorie al centro del dibattito
L’hotspot di Porto Empedocle, con una capienza prevista di 280 posti, rimane al momento completamente vuoto, come emerso da un servizio andato in onda a Dritto e Rovescio. La struttura, la cui apertura è stata decisa a fine luglio dal Ministero dell’Interno, doveva rispondere alle esigenze di gestione dei flussi migratori, ma il suo utilizzo appare compromesso dalla decisione dei giudici di Palermo, che hanno liberato la maggior parte dei migranti irregolari trattenuti.
Questa scelta della magistratura ha suscitato polemiche, soprattutto in relazione ai ritardi nella costruzione di due nuovi centri di accoglienza in Albania, che secondo i piani iniziali sarebbero dovuti diventare operativi entro questo mese. Tuttavia, i ritardi sono stati confermati dal ministro dell’Interno.
A complicare ulteriormente la situazione è il meccanismo di convalida dei trattenimenti nell’hotspot, affidato ai giudici di Palermo. La differenza tra la posizione dei tribunali di Palermo e di Catania è significativa: i magistrati palermitani si sono più volte opposti all’idea di trattenere migranti provenienti da Paesi ritenuti “sicuri” solo per accertare il loro diritto all’ingresso. Emblematico è il caso della giudice Iolanda Apostolico, che in una precedente decisione ha stabilito che la provenienza da un Paese sicuro non può automaticamente privare un richiedente asilo del diritto di presentare domanda di protezione internazionale.
In tv su Dritto e Rovescio, Claudio Lombardo, rappresentante di un’organizzazione locale, ha illustrato la situazione dell’hotspot, sottolineando come al momento sia presidiato esclusivamente dalle forze dell’ordine — carabinieri, polizia e vigilanti — ma senza la presenza di migranti. “Evidentemente i magistrati preferiscono lasciarli liberi”, ha commentato Lombardo. I numeri parlano chiaro: ad agosto scorso, la questura di Agrigento ha richiesto il trattenimento di 74 migranti, ma ben 64 di queste richieste sono state respinte dai giudici palermitani.
Nella trasmissione è intervenuto anche un attivista agrigentino, Manuel Gianco Samaritano, il quale ha espresso il timore che l’assenza di trattenimenti possa tradursi in problemi per la popolazione locale: “Il governo aveva creato un sistema di controllo per stabilire chi potesse restare e chi no, ma così si mette a rischio la tranquillità dei cittadini.”
Il dibattito si estende anche alla figura di Piergiorgio Morosini, capo della sezione immigrazione del tribunale di Palermo. Morosini ha recentemente parlato della necessità di valutare la compatibilità tra le leggi ordinarie e le norme costituzionali e sovranazionali, riconoscendo che, in alcuni casi, la disapplicazione di una legge ordinaria potrebbe entrare in conflitto con decisioni politiche strategiche, specie su un tema sensibile come quello migratorio.
La questione della gestione dei flussi migratori si inserisce in un contesto sempre più complesso, in cui le scelte di politica interna, come la realizzazione dei centri in Albania, si scontrano con le dinamiche giuridiche e le interpretazioni della magistratura. In questo quadro, l’hotspot di Porto Empedocle rimane una risorsa inutilizzata, mentre il Paese continua a interrogarsi su come gestire il fenomeno migratorio in modo efficace e rispettoso delle norme nazionali e internazionali.
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