Nato nella Città Crispina il Tenore Pippo Veneziano sin da bambino ha amato la musica facendola diventare la passione della sua vita portandolo ad esibirsi nei migliori palcoscenici della lirica mondiale

Quando nel ‘61 a Ribera, la Città delle Arance, è nato da Totò sarto e da sua madre Giacomina che entrambi amavano il canto e il teatro è stata una grande festa in paese. Già nei primi anni quando frequentava l’Istituto delle Suore di Sant’Anna ha iniziato ad avvicinarsi al pianoforte e dopo il liceo classico sperimentale, decide di iscriversi all’Università Medicina di Milano. In quel periodo storico il capoluogo lombardo era in un fermento artistico e culturale che lo porta ad avvicinarsi al Piccolo Teatro Strehler (tra via Rovello e il nuovo teatro, il Filodrammatici accanto alla Scala).

Un suo amico pianista, che viveva insieme a lui nel pensionato Oasi S. Francesco, sentendolo cantare gli propone di presentarsi nel Conservatorio alle audizioni per essere ammesso. Anche se il percorso universitario in Medicina andava bene l’idea di frequentare un Conservatorio Statale gli toglieva pienamente il sonno.
E così vincendo la fatidica audizione inizia un vero instancabile periodo “di quelli, come si sul dire, che non dormi mai!”.
Immerso tra le lezioni in Università, quelle in Conservatorio e il servizio militare/civile da obiettore di coscienza dove per ventisei mesi ha guidato un pulmino Ducato in “Associazione Paraplegici Lombardia”, abbandona Medicina e riesce nell’impresa di ottenere il diploma in Conservatorio iniziando il percorso professionale come cantante e all’inizio canta tanta musica barocca, in Italia con i “Pomeriggi Musicali”, l’Orchestra Regionale Lombarda, a Lugano con la Radio Svizzera Italiana (RTSI), molto Bach, Haendel, Mozart e qualche contemporaneo (P.Glass, F. Vacchi ecc.).

Essendo classificato come tenore leggero di agilità nei repertori c’è molto Rossini, anche Mozart, Donizetti con Elisir d’amore e Don Pasquale. Ma è con il Conte D’Almaviva del Barbiere di Siviglia, che fà il debutto nell’opera in posti rispettosi con colleghi già in carriera. Il ruolo prevede una voce agile ma con molta recitazione, travestimenti in scena e canto da “amoroso”.
Registi e direttori come Roberto Brivio, Matteo Beltrami, Roberto Gianola e altri si meravigliano adottandolo in quel ruolo in giro tra Milano, Venezia, Torino, Roma, Calabria, Liguria, festival vari e spesso anche all’estero.
A questo punto, non avendo un vero agente tenta per il ruolo nel “Coro” riuscendo a vincere in Arena a Verona e in Svizzera con il diritto di chiamata.
E con la magica stagione a Verona (dopo un Barbiere nella stupenda Sala Maffeiana con la Chiaffoni, Gazale, Nosotti), corre a Milano per il concorso nel coro del “Teatro alla Scala” dove viene segnalato per contratti a termine.

Anche se la sua voce e storia professionale è già in un percorso davvero speciale visto che è partito da un piccolo paese prettamente agricolo siciliano qual’è Ribera conosce colleghi di diverse nazioni veramente speciali e così nel 1995 fa la prima tournée internazionale a Tokyo. Pur essendo molto timido nel cantare davanti a professionisti di fama, si trova a far parte della compagine del “Teatro alla Scala” di Milano dove è rimasto per oltre trentasei anni intensi, bellissimi, faticosi dedicandosi anima e corpo anche al sindacato di categoria. E così pur salvando le belle e autentiche tradizioni scaligere, fin dall’inizio hanno migliorato e aggiornato le regole e i contratti nazionali e di secondo livello. Ritorna a Tokyo da solista e fu proprio in quella meravigliosa terra del Sol Levante che prendendo coraggio si mise a cantare nel noto ristorante italiano/romano preferito, il Sabatini: un vero pezzo di Roma a Tokyo.
Tornato in Italia viene richiamato in Giappone da un agente per alcuni concerti rimanendo per un periodo nella “Terra del Sol Levante” iniziando così il cammino di esibirsi in diverse nazioni e qualche volta ha dovuto utilizzare un nome d’arte: Giuseppe Riveras, sempre in onore alla spagnoleggiante città di origine.
Ha potuto cantare Puccini e molto Madama Butterfly, Bohème, Tosca, ma anche Verdi (il Rigoletto, la Traviata, la Messa da Requiem, i Vespri Siciliani anche in francese, i Lombardi alla prima Crociata, il Nabucco) sempre alternando e correndo tra il coro e la carriera, diciamo parallela, viaggiando e cantando in piazze molte particolari e prestigiose.

In Place Picasso a Chicago, Victoria Hall di Ginevra, Casa Italia Leonardo da Vinci a Montreal, sala Verdi del Conservatorio G.Verdi di Milano, dove ha inciso dal vivo opere edite da Bongiovanni, quali Zingari di Leoncavallo, Cecilia di L.Refice, La Falena di Smareglia, L’Enfant Prodigue di Debussy e Incantesimo di Montemezzi.
Nella Fabbrica del Vapore a Milano (con Rigoletto, Traviata, Butterfly) con sempre ottime critiche mai da critici amici. Poi Tosca al Castello di Donnafugata, Prima Elisir d’Amore con i complessi catanesi, anche Pagliacci e anche Mameli, Opera di Leoncavallo sull’eroe autore dell’Inno degli Italiani con la regia di Lorenzo Amato (figlio di Giuliano), direttore Alberto Veronesi e poi due recite a Messina nel 2011, durante l’anniversario dell’ Italia Unita.
Concerti Verdiani a Pucciniano, senza tralasciare il nostro Bellini. Molti incontri splendidi e fortunati tra i quali non per ultimo Antonio Albanese.
Dopo anni immensi di Canto e Arte sia in Italia che all’estero nel 2021 ha anticipato il pensionamento dal teatro provando a sperimentare e ricominciare proprio dalla Sicilia attraverso tutte le forme della musica popolare prettamente mediterranea, l’etnomusicologia, insomma come stare nel palcoscenico in altro modo, intorno, sotto e dietro le quinte.

Vive tra Modica, Ribera e Milano insieme all’amata moglie Gabriella Ferroni (soprano dalla carriera internazionale) cercando di mantenere viva la passione per l’opera, per la musica in genere, per i rapporti umani aperti, in cui l’arte si pone come mezzo di miglioramento, sostegno e conforto umano.
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